Viviamo in una situazione di profonda crisi. Insicurezza da una parte e scetticismo dall’altra. Insicuri su tutto. Insicuri perché una guerra sempre più minacciosa incombe su di noi, ma anche perché non sappiamo come arrivare alla fine del mese, come tirare avanti l’azienda con il caro bollette alle stelle, come aiutare i nostri figli a crescere e a farsi un futuro, come farci un giro la sera senza rischiare di essere aggrediti o rapinati. Stavamo almeno rassicurandoci sul calo dei contagi Covid, ma le notizie di questi giorni ci tolgono anche questa sicurezza. E così diventiamo sempre più scettici e sfiduciati. Sfiduciati che qualcosa possa cambiare, sfiduciati nella politica, come la recente percentuale di astensioni al voto ha nuovamente documentato. Sempre propensi a pensare che gli altri siano una minaccia, soprattutto poi se hanno la pelle di un colore diverso dal nostro.
Abbiamo bisogno che accada qualcosa di nuovo. Qualcosa che rimetta in moto le nostre energie, che riaccenda la nostra esistenza. Don Giussani parlando del desiderio dell’uomo lo definiva così: “Il desiderio è come la scintilla con cui si accende il motore. Tutte le mosse umane nascono da questo fenomeno. Il desiderio accende il motore dell’uomo. E allora si mette a cercare il pane e l’acqua, il lavoro, la donna, una poltrona più comoda e un alloggio più decente, si interessa a come mai taluni hanno ed altri non hanno, a come mai certi sono trattati in un modo e lui no”.
Forse la novità che potrebbe fare la differenza è proprio il riaccendersi di questa scintilla. Una scintilla che è sepolta nella cenere degli anni che passano, delle delusioni che pesano sulle spalle, dei dolori e delle ferite, degli affetti inariditi, della busta paga che non basta per vivere, di quei figli che non riusciamo più a guardare negli occhi. Come dice Pavese, “la fatica interminabile, lo sforzo per star vivi d’ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino -quest’è il vivere che taglia le gambe”.
Ma se pensiamo alle poche o tante volte in cui anche in noi si è riaccesa quella scintilla capace di rimetterci in piedi, dobbiamo riconoscere che è stato quando abbiamo visto qualcuno per cui le stesse nostre difficoltà, fatiche, guai, disagi, sono state occasione per alzare la testa, mettersi insieme ad altri, affrontare le sfide del reale. Non sono mai state le regole di un buon funzionamento a rimetterci in moto, ma la relazione con altri uomini. E invece oggi siamo vittime di un dilagante privilegio dato al funzionamento. L’obiettivo è funzionare. Funzionare con i figli, con il marito o la moglie, con il capo, con gli amici.
Torna in mente una affermazione del medico psicoanalista argentino Miguel Benasayag, invitato quest’estate al Meeting di Rimini, che diceva come “ la natura dell’uomo, diversamente da quella della macchina, non è solo funzionare, ma esistere”. E mentre il funzionamento è il rispondere in maniera ripetitiva alla funzione per la quale si è stati costruiti, l’esistere è l’esplosione della diversità, del nuovo, dell’imprevedibile. Tant’è che quando la macchina non funziona possiamo solo buttarla via o ripararla in modo che continui a funzionare come prima. Mentre l’esistere dell’uomo è ben altra cosa! Benasayag arrivava a dire che proprio il difetto, il limite, la mancanza, lo spazio del non funzionamento, quello che lui chiamava la “falla”, costituiscono la nostra natura. Proprio l’esperienza di questo “esistere” pieno di limiti, ma anche di bisogni e di desideri, capace di riaccendersi nell’incontro con altre “esistenze”, può essere il punto di novità che ci rialza dallo scetticismo e ci toglie dalla solitudine. Perché limiti e bisogni spingono gli uomini a mettersi insieme.
Ancora ci stiamo imbattendo nella inevitabilità delle relazioni. Sono il punto che ci può risvegliare, ma sono anche il luogo in cui vediamo esplodere la differenza tra funzionare ed esistere.
Le relazioni sono il luogo dell’imprevisto, della novità possibile, dell’accadere di qualcosa che non è appena la somma degli ingredienti in campo, ma è l’avvenimento di un rapporto. E questo può succedere nell’amicizia, nei rapporti affettivi, ma anche nelle relazioni di lavoro come nelle più svariate relazioni sociali. Dalla realizzazione di opere al dialogo tra persone di culture diverse, fino alla attività politica.
E mai come oggi è evidente che abbiamo bisogno che accada qualcosa di nuovo. Queste piccole o grandi storie di uomini che si mettono insieme per un desiderio comune di un bene condiviso possono essere il segno di una novità possibile. Possono testimoniare che “esistere” è possibile!
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