La chiesa della Madonna della Mazza è una chiesa che si affaccia su via Maqueda nel cuore di Palermo. È un bell’edificio del 1600, che deve la sua strana dedicazione al culto della Madonna del Soccorso: Maria con un braccio tiene il Bambino e con l’altro un bastone per scacciare il diavolo. La chiesa della Madonna della Mazza per 40 anni è rimasta chiusa in uno stato di abbandono. Da poche settimane ha riaperto i battenti, presentandosi restaurata al popolo palermitano e riservando un’aggiunta inaspettata al patrimonio di tele seicentesche recuperate, opere del Battistello, dello Zoppo di Gangi e della scuola di Caravaggio.
Su due altari sono infatti arrivate due tele di Adrian Ghenie, un artista che al grande pubblico dice ancora poco, ma che per chi segue le cronache dell’arte è nome ben noto. Ghenie, rumeno classe 1977, nato in Transilvania, è uno dei fenomeni emergenti, con record di mercato a sette zeri. Nel 2017 aveva rappresentato la Romania alla Biennale del suo Paese con un padiglione che aveva lasciato tutti a bocca aperta.
Ebbene, Adrian Ghenie, che è di famiglia ortodossa, ha accettato l’invito di realizzare e donare due grandi pale per due altari della chiesa che ne erano sforniti. L’aspetto interessante di questa operazione sono i soggetti scelti: da una parte l’uccisione di padre Pino Puglisi, dall’altra il martirio dei cristiani in Medio Oriente. Questa dunque è la sorpresa che la chiesa della Madonna della Mazza ha riservato a chi l’ha visitata dopo la riapertura: un artista di oggi lanciatissimo e conteso da collezionisti e gallerie accetta di affrontare l’interpretazione contemporanea del concetto di martirio.
Prendiamo l’opera che racconta l’uccisione di padre Puglisi: vediamo l’assassino con la pistola in mano che prende le sembianze di un diavolo contemporaneo, vestito con un giubbotto “bomber” giallo, colore della gelosia e dell’invidia. Davanti a lui padre Puglisi, che porta sulle spalle il bambino Gesù, come un San Cristoforo contemporaneo. Con una mano benedice il suo assassino. Sullo sfondo si riconoscono i palazzi del quartiere Brancaccio e la porta di casa del sacerdote siciliano.
È un quadro potente, con una struttura classica, perché Ghenie ammette di essersi rifatto ad una pala quattrocentesca di Michele Pacher. Eppure abbiamo davanti una visione assolutamente contemporanea, nella violenza cromatica e nel dinamismo che fa esplodere le forme, così com’è a noi contemporanea la storia che racconta.
L’altra pala riprende la recente canonizzazione dei 21 cristiani copti uccisi in Libia nel 2015 dall’Isis. Erano stati portati alla decapitazione vestiti con tute arancioni, ed è proprio in tuta arancione l’uomo crocifisso che domina la grande tela, assediato dalla spirale di violenza che si sta accanendo sul suo corpo.
Sono due opere potenti, fedeli alla narrazione dell’accaduto, e sono anche assolutamente contemporanee. Il tutto è stato reso possibile grazie al mecenatismo e all’intraprendenza di un soggetto privato, la Fondazione costituita Alessandra Borghese, e dalla convinzione con cui il direttore dei Beni culturali dell’Arcidiocesi di Palermo, padre Giuseppe Bucaro, ha sostenuto il progetto.
Le opere, come detto, sono installazioni definitive, patrimonio della chiesa, immagini davanti alle quali le persone potranno pregare. Sono opere contemporanee destinate a diventare immagini di devozione, a restare negli occhi e nel cuore dei fedeli palermitani. È questo il piccolo miracolo che sta accadendo nella chiesa della Madonna della Mazza: arte viva per una chiesa viva che non si rifugia nel passato.
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