Un bagno di realtà per Esg e Dei

Trump ha già dato due colpi importanti alle politiche Esg e a quelle Dei. E potrebbero essere importanti anche fuori dai confini Usa

Nella raffica di “annunci esecutivi” contenuti nel discorso inaugurale di Donald Trump hanno mantenuto le attese quelli riguardanti due dossier economici di primo livello. Il nuovo Presidente Usa ha subito impresso una netta frenata/virata alla transizione energetica ispirata alla decarbonizzazione accelerata. E il passo ha più che virtualmente decretato la crisi della prima e della terza lettera dell’acronimo-mantra “Esg”: l'”environment” cessa dunque di essere una priorità assoluta e indiscutibile per la più importante democrazia di mercato del pianeta e ciò indebolisce la già tuttologica categoria della “sostenibilità”. Ma la stessa “g” (“governance”, il complesso di buone pratiche di amministrazione delle grandi imprese) aveva teso sempre di più a identificarsi con lo zelo green nella produzione di beni e servizi.



Trump ha però calato un colpo di clava su un’altra sigla generata dall’onda lunga della globalizzazione in salsa politically correct: “Dei”. Diversità, eguaglianza, inclusione: è questo il triangolo che ha proliferato una gigantesca regulation (in parte di leggi vere e proprie, in parte di sterminati “codici interni”) e coerenti burocrazie pubbliche e private, giudiziarie o manageriali. La missione è stata quella di instaurare il verbo Dei nella gestione delle risorse umane e quindi vigilare/sanzionare, soprattutto all’interno delle grandi organizzazioni. Di qui – in scia alla ormai stagionata campagna per le quote rosa – una cultura sempre più dominata da standard rigidi a beneficio di tutte le “minoranze”, ritenute per definizione discriminate: nell’accesso alle università piuttosto che in azienda. Trump ha voluto far subito piazza pulita di questo approccio, ripristinando il valore esclusivo del merito.



Non è stato un fulmine a ciel sereno. Già all’indomani del voto del 5 novembre erano giunti dal mercato inequivocabili segnali-pressione per un cambio di paradigma. Blackrock (il più grande gestore di risparmi e capitali del mondo con 11.500 miliardi di dollari di fondi amministrati) si è ritrovata sanzionata da un magistrato Usa per aver leso gli interessi del fondo pensioni di una compagnia aerea con una gestione troppo vincolata dai parametri Esg: di qui l’immediata decisione del mega-fondo di eliminare il vincolo del “net zero” dalla propri standard di investimento. Negli stessi giorni Meta ha comunicato non solo la demolizione dei meccanismi di fact-checking in vigore sui suoi social media, ma anche l’abbandono dei modelli Dei finora adottati a Menlo Park. Dall’inizio dell’anno il notiziario si arricchisce di ora in ora: e tenderà prevedibilmente a intensificarsi dopo l’entrata in carica di Trump.



In attesa di tutti gli sviluppi, è lecito augurarsi che l’alt muscolare impresso dal nuovo Presidente americano funzioni essenzialmente come veicolo di riequilibrio verso gli indubitabili eccessi a anzitutto ideologici – della cultura Esg/Dei. Perché nessuno – probabilmente neppure Trump, nipote di un immigrato dalla Germania a fine 800 – dubita del valore delle pari opportunità a scuola o nel mercato del lavoro; e tanto meno può dirsi disinteressato ai rischi di un cambiamento climatico ancora poco conosciuto ma difficilmente negabile. Il problema era – e per ora resta – la strumentalizzazione politica di ogni grande questione. Se Trump riuscirà a imporre un bagno di realtà a Esg e Dei senza ucciderne le finalità autentiche avrà qualche motivo per affermare di aver fermato in tempo il suo Paese – e forse non solo – su una rotta di declino pericoloso perché autodistruttivo.

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