I gioielli rubati e i furti della nostra vita

Il furto al Louvre dei gioielli di Napoleone ha un prezzo molto più alto del loro valore intrinseco. Abbiamo un problema col passato che dobbiamo risolvere

In quattro minuti i gioielli di Napoleone sono stati rubati dal museo del Louvre. Un furto che colpisce, perché mette sotto scacco tutti i sofisticati sistemi di sicurezza di cui l’ente dispone e perché prende di petto uno dei simboli della Francia, quell’imperatore amato e detestato che la fece grande per l’ultima volta.



La vita dell’uomo si snoda per una serie interminabile di fatti, ma molto di più per una serie interminabile di volti, luoghi, oggetti. Storia non è solo quello che accade, ma le tracce di quello che è accaduto. Rubare i gioielli napoleonici significa mettere le mani su un pezzo di memoria, di storia condivisa, e portarla lontano, venderla, ridurla a merce.



Questo furto è forse uno dei simboli più potenti della contemporaneità: l’uomo occidentale, da quando ha individuato nel sacro l’origine di tutti i suoi problemi, ha iniziato a odiare tutta la propria storia, tutto il cammino che ha fatto per giungere alla consapevolezza che lo determina ora.

Si tratta certamente di una malattia collettiva, ravvisabile nelle feroci prese di posizione della cultura woke, ma è qualcosa che riguarda anche il cammino personale di ciascuno: c’è sempre una parte di noi che è apparentemente custodita e al sicuro, ma che in realtà è esposta ad ogni tipo di furto, ad ogni tipo di malversazione e sottrazione.



La storia del singolo, come quella di un popolo, rischiano così di essere molto simili a quanto accade agli armadi nei cambi di stagione: vestiti da tenere distinti da vestiti da buttare. Come se Napoleone e Carlo Magno fossero in contraddizione, come se Robespierre e Giovanna d’Arco non appartenessero al medesimo cammino che tiene insieme il momento violento e sanguinario di un popolo che si fa giustizia da solo, con l’ideale di una fanciulla che porta il Delfino del tempo a recuperare quanto la pretesa inglese al trono aveva sottratto.

Non c’è un momento della vita in cui non andiamo bene. Non c’è un momento che può essere rubato da ladri misteriosi, furbi, improvvisi. Questi furti destano curiosità e scalpore perché toccano la narrazione collettiva di quello che siamo e l’ipotesi – tremenda – che tale narrazione non sia al sicuro, non sia sufficiente per tenerci riparati dalla tempesta.

Manifestanti del “Bloquons tout” presso la Gare du Nord a Parigi (Ansa)

Ogni volta che qualcuno sottrae qualcosa al nostro cammino – non fosse altro che giudicandolo indegno della nostra persona – indebolisce con forza la nostra identità, il nostro modo di essere e di stare al mondo. È quindi vero che oggi c’è un problema forte con un futuro che non è più atteso e con un presente che non è più seriamente vissuto, ma esiste anche un tragico problema col passato, che è selezionato, giudicato, abitualmente espunto a seconda dell’ideologia che si fa promotrice di ciò che siamo e dell’identità che portiamo.

Rubare la storia, sottrarre i gioielli di Napoleone, mette in moto due tendenze fra loro contrapposte: ricercare i gioielli per riportarli nel museo più celebre di Francia, oppure organizzarsi per andare avanti, riconfigurare le stanze e le esposizioni. Fare, insomma, come se nulla fosse. Ed è qui il dilemma che attanaglia gli investigatori e ciascuno di noi: riusciremo a recuperare ciò che è stato tolto, ciò che – nel caso del singolo – abbiamo bistrattato fino a non riconoscerlo più come parte della nostra identità? Saremo così semplici da ricercare i nostri errori, le nostre cadute, le nostre delusioni e dire: “questi sono i miei gioielli, questo sono io”?

Si narra che Napoleone, dopo essere sbarcato dall’Isola d’Elba, potesse contare solo sopra un manipolo di fedelissimi. Eppure, più passavano i giorni e lui si avvicinava in marcia verso Parigi, tutti iniziarono a riconoscerlo e ad accreditarlo nuovamente come imperatore.

Napoleone, insomma, per recuperare sé stesso alla storia della collettività, fece un gesto semplice, quasi ingenuo: accettò di sbarcare e – semplicemente – di esserci. I suoi gioielli potranno essere recuperati solo da qualcuno che proverà a seguirne le tracce. I nostri gioielli, quelli misticamente significati nel furto al Louvre, torneranno a casa solo se accetteremo che ci sono stati, che sono esistiti, che sono stati una parte di noi.

A volte un furto ha un enorme carattere simbolico. In questo caso porta con sé un carattere cruciale: decidere il posto da assegnare a quello che di noi vorremmo dimenticare. Decidere se c’è davvero misericordia per tutto, anche per noi. E riportare, come siamo capaci, la refurtiva a casa.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI


Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie di Cronaca

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.