Adesso lasciatelo vivere, il Papa. La Chiesa ha bisogno che viva, che abbia la possibilità di godersi ciò a cui è stato chiamato, che scopra tutta la portata del sì che ha detto liberamente davanti a tutto il mondo. Abbiamo atteso, tutti hanno atteso nei giorni scorsi. Impressionante e commovente il correre della gente in piazza San Pietro in occasione delle fumate, più di 30mila persone la prima sera, anche se l’esito della votazione era praticamente scontato. Numeri altissimi quelli delle visualizzazioni sui social network. Per attendere cosa?
Non uno che risolva i problemi del mondo, non uno che abbia sempre la parola giusta al momento giusto, non uno che metta d’accordo tutti. Forse, anche inconsapevolmente, l’attesa è di uno che viva la vita come da tempo a tanti capita di non fare più.
Per questo c’è bisogno che resti uomo, tenacemente e veracemente uomo. Sulla cattedra di Pietro non c’è più spazio per ambizioni, scalate, alleanze di potere… c’è solo lo spazio che serve per la croce. Tutto grida il bisogno del dono totale di sé. Può sembrare un paradosso, ma nel punto più alto lo spazio è poco e, oltre alla croce, c’è posto solo per chi ha accettato di portarla.
Lo sanno bene i Pontefici che sono arrivati fino a quelle altezze. E lo sanno tutti, sia quelli che hanno accettato in obbedienza l’elezione, sia quelli che hanno fatto di tutto per ottenerla. Il Signore è decisamente più ironico di noi e lascia che ciascuno faccia il suo tentativo.
Finito tutto il clamore, infatti, messe a tacere le chiacchiere del pre conclave, i pronostici, le opinioni su come dovrebbe essere e cosa dovrebbe fare, a chi dovrebbe assomigliare e quali sfide avrà di fronte, inizia il tempo della vita quotidiana per l’uomo vestito di bianco.
Vita fatta delle cose solite, della sveglia che suona, della preghiera, del silenzio, del lavoro, degli incontri personali e pubblici, degli interventi da preparare, delle situazioni da affrontare, dei rospi da ingoiare, delle decisioni da prendere in solitudine, del riposo da custodire, del tempo libero da non abbandonare. Con il vigore e con il mal di testa o il mal di pancia, con la stanchezza e lo scoraggiamento, con gli slanci impetuosi e con la delusione per gli ostacoli che vorrebbero bloccare tutto.
Adesso è il tempo del quotidiano. E noi abbiamo bisogno di veder vivere il Papa per poter sorprendere in lui quella novità di sguardo, quel gusto per la realtà, quella passione per le cose di Dio nelle cose dell’uomo, che spesso trascuriamo.
Solo se saprà reggere l’urto di questo bisogno potrà vivere fino in fondo quella paternità universale che lo Spirito Santo gli ha affidato. Altrimenti saremo alle solite parole vuote e ragionamenti mondani che tendono a misurare tutto secondo le categorie del nulla e, dopo aver passato giorni a fissare il comignolo della Sistina carichi di un’attesa unica, torneremo a quel ripiegamento su noi stessi che ammazza qualsiasi possibilità di cambiamento.
Perciò vivi la tua vita Santo Padre! Parlaci con il tuo cuore, guardaci come sei guardato da Cristo, dì a noi le parole che muovono la tua vita, indicaci ciò che ha convinto te finora, e poi vèstiti come vuoi, scegli chi vuoi, vai dove vuoi, perché l’affezione del popolo cristiano non ti mollerà mai, ben sapendo chi sei e l’occasione che è quella di poter guardare la vita di uno su cui Cristo ha posato lo sguardo per l’ennesima volta. Vivi, Santo Padre, e vivremo anche noi!
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