Assolti i genitori affidatari della 41enne che ha denunciato di aver subito per 15 anni abusi, anche durante alcuni riti satanici, mentre viveva con loro. La decisione è stata presa dalla gup milanese Sofia Fioretta, la quale in un processo con rito abbreviato ha ritenuto che “il fatto non sussiste”. Differentemente, il pubblico ministero Stefano Ammendola aveva chiesto per i due genitori affidatari una condanna ad 8 anni di carcere, accusandoli di “riduzione in schiavitù“. Secondo la gup, però, non vi sarebbero prove a sostegno dell’accusa di abusi durante i riti satanici, se non la versione raccontata dalla donna che non ha trovato riscontro in nessun’altra testimonianza raccolta sul caso.
Abusi durante i riti satanici: la versione della vittima
Insomma, fermo restando che la sentenza può essere ancora impugnata, secondo la Corte di Milano non vi sarebbero stati abusi durante i riti satanici, confermando la versione dei genitori affidatari della vittima che si sono sempre detti innocenti. La donna, comunque, per voce del suo avvocato Massimo Rossi ha già sottolineato la sua intenzione di opporsi all’assoluzione, ritenendo la sentenza “un’offesa” che ha gettato la sua assistita “di nuovo all’inferno dopo che era stata creduta per la prima volta”.
Gli abusi durante i riti satanici sarebbero avvenuti tutti tra il 2000 e il 2015, quando lei (all’epoca appena maggiorenne ed ora 41enne) era stata affidata ai presunti carnefici. Nel 2002 la donna, peraltro, a causa delle violenze sessuali rimase incinta, finendo nuovamente nella spirale del terrore dal 2005 in poi. Secondo la sua versione alle messe sataniche avrebbero preso parte “diversi uomini” che indossavano “tuniche bianche e cappucci”. Gli abusi li avrebbe subiti anche all’interno di uno “studio di registrazione” mentre dei riti satanici ricorda distintamente “il crocifisso capovolto”. Nello studio di registrazione, inoltre, la vittima sarebbe stata ferita con un coltello con “incisioni sulla schiena e sulle gambe” e sottoposta a “torture”. Negli anni, inoltre, racconta di essere stata tenuta “segregata in una intercapedine” e “nascosta all’interno di una botola”.