Stati Uniti e Cina hanno trovato un'intesa su alcuni importanti temi, in attesa dell'incontro tra Trump e Xi Jinping
Pare confermato l’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping di giovedì alla vigilia del meeting annuale dell’Asia-Pacific Economic Cooperation Forum che si terrà in Corea del Sud. Anche perché Cina e Stati Uniti sembrano aver trovato un’intesa su molti dei temi sul tappeto.
Il segretario al Tesoro Usa Scott Bessent ha spiegato che non verranno aumentati i dazi sulle merci cinesi, mentre Pechino rinvierà l’entrata in vigore di nuovi controlli sull’export di terre rare e procederà ad acquisti “sostanziali” di materie prime agricole americane, tra cui, ovviamente, la soia. Washington e Pechino avrebbero anche trovato un accordo per il futuro della piattaforma social TikTok.
L’incontro tra i due Presidenti, quindi, potrebbe sancire il raggiungimento di un compromesso destinato a durare? Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, invita a una certa prudenza in merito: «Tenuto conto anche di quello che è successo negli ultimi mesi, potrebbe esserci un esito non del tutto chiaro con risvolti non previsti e non prevedibili. Quel che è certo è che l’economia cinese rallenta e si trova, quindi, in condizioni più difficili di prima».
La crescita resta sempre vicina al 5%…
È certamente un buon ritmo, che, tuttavia, non è sufficiente per la Cina. Tra l’altro anche il primo viaggio compiuto sulla rotta navale artica verso l’Europa attraverso lo stretto di Bering, conclusosi pochi giorni fa, non è stato così veloce come si pensava.
Gli Stati Uniti sono in una condizione migliore?
Non sono ancora chiari gli effetti della politica commerciale di Trump sull’economia americana, anche perché i dati, specialmente per quel che riguarda il mercato del lavoro, non appaiono così affidabili dopo il licenziamento del Direttore del Bureau of Labor Statistics. Tra l’altro adesso che è in corso lo shutdown sono state sospese le attività di raccolta e pubblicazione di alcuni dati economici.
Giovedì quindi potrebbe esserci una stretta di mano, ma nulla di risolutivo e definitivo.

L’unica cosa certa è che se le cose andranno bene ci sarà una stretta di mano, si rinvieranno alcune decisioni, come quella sull’export delle terre rare cinesi, si ribadirà la volontà di dialogare e ci si darà appuntamento per un nuovo incontro, non si sa bene quando.
In quello che è per forza di cose un compromesso, quale parte ci rimetterà di più?
È difficile da dire. Mi sembra, tuttavia, sempre più chiaro che entrambe le parti ritengano impossibile un decoupling completo e quindi sono costrette a trovare il modo di evitarlo concedendo qualcosa all’altra.
Rispetto a tutto questo come vede la situazione dell’Europa?
La situazione dell’Europa non è semplice. In questi giorni ci sono produttori di auto, soprattutto tedeschi, che temono di dover fermare la produzione nei loro stabilimenti per la mancanza di chip di Nexperia, società olandese controllata dalla cinese Wingtech che il Governo dei Paesi Bassi ha deciso di “commissariare” per motivi di sicurezza nazionale. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: è stata bloccata l’esportazione di semiconduttori che sono cruciali per l’automotive.
Tra l’altro l’Ue dipende molto dalle terre rare cinesi e Ursula von der Leyen ha minacciato di usare lo strumento anti-coercizione se non verrà trovato un accordo con Pechino per evitare restrizioni all’export.
I singoli Paesi membri dell’Ue possono discutere con la Cina di temi industriali e della presenza di stabilimenti di aziende cinesi sul loro territorio, ma per quanto riguarda le terre rare il discorso andrebbe fatto da Bruxelles. Il fatto è che Ursula von der Leyen può contare su una maggioranza molto ristretta, non è solida alla guida dell’Europa. Mi sembra di poter dire che siamo in un mondo dove tutti mettono in mostra le proprie debolezze e sembra stia aprendosi un nuovo fronte.
A che cosa si riferisce?
Al Sud America. Mi ha colpito non poco la notizia che gli Stati Uniti hanno deciso di spostare la loro più grande e importante portaerei, la Gerald Ford, dal Mediterraneo ai Caraibi, per unirsi a un contingente di navi da guerra di fronte al Venezuela.
Questa settimana c’è anche attesa per la decisione della Federal Reserve sui tassi di interesse. Secondo lei, li taglierà dello 0,25% o dello 0,5%?
Penso che una possibilità sia quella di un taglio di entità diversa, una sorta di via di mezzo anche per trasmettere il messaggio che nessuna delle due parti, in questo caso la Fed e la Casa Bianca, si sta imponendo sull’altra. Non quindi un segnale netto, ma piuttosto in chiaroscuro.
(Lorenzo Torrisi)
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