Ieri il Presidente americano e il Primo ministro inglese hanno annunciato la bozza di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito. L’accordo, che non è ancora definitivo, è bastato per dare una prospettiva a una fase che si è aperta all’inizio di aprile, con l’annuncio dei dazi, ma che sembrava su un binario morto. Per usare le parole di Trump “questo accordo dimostra che se si rispetta l’America e vengono avanzate proposte serie, l’America è aperta agli affari”.
I dettagli dell’accordo non sono ancora definitivi, ma su molti altri punti ci sono già indicazioni chiare. Gli Stati Uniti abbassano i dazi sull’acciaio, l’alluminio e le automobili inglesi e in cambio ottengono un maggiore accesso al mercato inglese per i prodotti americani e in particolare per quelli agricoli. Tra i punti inclusi nella prima versione c’è anche l’acquisto da parte inglese, con ogni probabilità British Airways, di aeroplani della Boeing per dieci miliardi di dollari. L’Amministrazione americana promette anche un “trattamento privilegiato” per qualsiasi altro settore su cui Trump deciderà nuove tariffe.
A valle dell’annuncio in molti hanno fatto notare che il test di ieri non sia particolarmente significativo. Washington e Londra hanno da sempre una relazione speciale e il Regno Unito esporta verso gli Stati Uniti beni che valgono un nono di quelli che invece esporta l’Unione europea. Se questo primo accordo richiederà altre settimane di lavoro prima di essere ultimato molto più tempo potrebbe servire per tutti gli altri.
La prospettiva dell’Amministrazione Trump è un’altra; l’annuncio di ieri mostra un percorso possibile per tutti gli altri partner commerciali, siano essi alleati o meno. Gli Stati Uniti, in quest’ottica, non sono un nemico a prescindere, ma cercano solo relazioni commerciali che possano essere di interesse reciproco.
La volatilità finanziaria e i ribassi dei mercati delle prime settimane di aprile sono arrivati anche per la percezione di un approccio intransigente da parte dell’America che sembrava voler imporre condizioni troppo dure. Rimane l’embargo sulla Cina che però viene ammorbidito escludendo dalle sanzioni i settori più sensibili per l’economia; si guadagna quindi tempo e questo è positivo. Per tutti gli altri si apre la possibilità di accordi che non siano necessariamente punitivi e in cui si può trovare un equilibrio.
Questa è l’analisi che, almeno nel breve periodo, si potrebbe ricavare dagli sviluppi di ieri. Gli investitori potrebbero accantonare gli scenari peggiori e sposare uno scenario molto meno traumatico rispetto a quelli di inizio aprile. Questa nuova fase può durare però solo nella misura in cui altri accordi seguono con partner che hanno maggiore peso commerciale.
L’America, in conclusione, è disponibile a fare affari con tutti tranne che con la Cina. Con il Paese asiatico l’unica possibilità è evitare le conseguenze più traumatiche e guadagnare tempo per un disaccoppiamento che è inevitabile. Accordi come quello di ieri per i partner di maggior peso, Europa inclusa, oggi non sembrano imminenti; c’è però una prospettiva che un mese fa non sembrava possibile.
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