Entro il 2027 la UE non comprerà più il gas russo, rivolgendosi agli USA. Una mossa che fa aumentare a dismisura i costi e crea tensioni sui prezzi futuri
La decisione è drastica: fine delle importazioni del gas russo entro il 2027, anche se per certi accordi si comincia nel 2025. Una scelta, quella della Commissione europea, che ha evidenti risvolti geopolitici, ma che pone una serie di pesanti interrogativi sui costi e gli approvvigionamenti del gas.
Scegliere come fornitore gli Stati Uniti invece che la Russia, infatti, osserva Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, significa per esempio che le aziende europee potrebbero incorrere in penali rescindendo i contratti con Gazprom.
Ma i problemi non sono finiti qui: quello principale riguarda i costi, perché in questo modo l’Europa diventa una delle aree con il gas più caro, con buona pace delle difficoltà che incontrano aziende e famiglie a pagare le bollette. Un conto salato che peserà ancora molto sulle nostre finanze, perché il gas sta dimostrando di essere una fonte energetica ancora importante, per pagare la quale rischiamo di svenarci.
Cosa cambia con le decisioni della UE sul gas russo?
Con un colpo di scena che segna una svolta epocale, la Commissione europea ha presentato una roadmap ambiziosa: dire addio a tutte le importazioni di gas russo entro la fine del 2027. Un piano che punta a spezzare le catene dell’Europa dalla dipendenza energetica da Mosca, un legame che si è incrinato irreparabilmente dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina nel 2022.
La Commissione, con una mossa che sa di sfida geopolitica, proporrà a giugno misure legali per bloccare ogni importazione di gas naturale e GNL (gas naturale liquefatto) russo entro il 2027, includendo sia i contratti esistenti sia quelli nuovi, con un veto già nel 2025 per gli accordi spot.
Da dove nasce questa scelta e quali conseguenze comporta?
L’Europa è stanca di giocare al gatto e al topo con il Cremlino: ha deciso di riscrivere le regole del gioco energetico. Non è solo una questione di tubi e contratti: è una dichiarazione d’indipendenza, che però si paga. Oggi, circa il 19% del gas europeo arriva ancora dalla Russia, attraverso il gasdotto TurkStream, e le spedizioni di GNL rappresentano una quota drasticamente ridotta rispetto al 45% pre-2022.
Se si dà l’addio alla Russia, a chi ci si rivolge? Ed è un addio senza conseguenze?
La Commissione guarda agli Stati Uniti, pronti a colmare il vuoto con il loro GNL: una mossa che piace al presidente Donald Trump, sempre a caccia di modi per ridurre il surplus commerciale europeo. Tuttavia, il percorso non è privo di ostacoli. Interrompere i contratti “take-or-pay” con Gazprom, che obbligano gli acquirenti a pagare anche in caso di mancata consegna, potrebbe esporre le aziende europee a penali o arbitrati internazionali. Inoltre, Slovacchia e Ungheria, ancora legate al gas e al petrolio russo, frenano sulle sanzioni, temendo rincari energetici.
Diventare acquirenti degli americani sarà un passaggio indolore?
L’Europa cerca l’equilibrio tra sicurezza e costi. La Commissione assicura che, con l’aumento della capacità di liquefazione nordamericana entro il 2027, l’offerta di GNL globale sarà sufficiente a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. Ma il prezzo? L’Europa sembra rassegnata a diventare un’area a gas più caro, simile all’Asia, accettando un compromesso che privilegia la stabilità rispetto al risparmio.
E se la Russia, in un gesto di rappresaglia, chiudesse i rubinetti prima del 2027?
I prezzi del gas schizzerebbero, mettendo sotto pressione un’Europa già alle prese con la transizione. Intanto, la Commissione guarda oltre: il mese prossimo proporrà misure contro l’uranio arricchito russo, un altro tassello nella strategia di emancipazione da Mosca.
L’Europa, per la prima volta, sceglie di pagare il prezzo della libertà energetica, sapendo però che il conto potrebbe essere salato. Se poi pensiamo che i consumi di gas in Italia e in Europa nei primi quattro mesi del 2025 segnano un aumento del 5-6% rispetto allo stesso periodo del 2024, significa che – se si dovesse mantenere questo aumento per il resto dell’anno – su un consumo europeo del 2024 pari a 320 miliardi di metri cubi, quest’anno avremmo la necessità di recuperare ulteriori 16-20 miliardi di metri cubi!
Cosa ci dicono questi dati?
Confermano che il gas non è assolutamente “morto”, ma sta imponendosi come energia strategica della transizione. Non penso, dunque, che abbia molto senso embargare l’import di gas da Mosca, in considerazione del fatto che la dipendenza UE si è notevolmente ridotta dal 40% del 2021. Così facendo non solo creiamo le condizioni per future tensioni sul prezzo del gas, ma ci priviamo anche di un elemento negoziale con i russi.
(Paolo Rossetti)
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