A pochi giorni dalla vicenda choc che ha visto la morte dell’imprenditore Alberto Balocco, noto industriale del dolciario deceduto dopo essere stato colpito da un fulmine mentre era in bicicletta, parla Diletta, la figlia. «Oltre a essere padre – racconta la 25enne ai microfoni del Corriere della Sera – era anche il nostro migliore amico, aveva sempre le parole giuste. Sapeva immedesimarsi nei nostri punti di vista, seppure appartenessimo a una generazione ben diversa dalla sua. Amava allo stesso modo la musica anni Settanta e le serie Netflix, adorava circondarsi dei nostri amici, fare festa con noi era la cosa che più lo rendeva felice. Era, come diceva lui, “un ventenne dentro”, ma la sua testa era avanti anni luce e questo lo rendeva un padre ancora più speciale».
Venerdì scorso l’imprenditore del fossanese si trovava insieme all’amico Davide Vigo in sella alla propria bici quando una saetta dal cielo ha stroncato la vita ad entrambi. Tanti gli insegnamenti di Alberto Balocco alla figlia Diletta: «In cima ci sono ambizione, umiltà e ottimismo. Ambizione, perché lo sguardo è sempre in alto. Umiltà, perché i piedi invece devono essere ben radicati per terra, perché nulla si dà per scontato. E ottimismo, perché pensare positivo non costa nulla e fa bene a tutti. La passione più grande che ci ha trasmesso è quella di viaggiare: di ritorno da qualunque viaggio, aveva già una nuova Lonely Planet sul comodino per organizzare il prossimo. Per lui, come per me, era fondamentale avere “un prossimo obiettivo”, una nuova destinazione da esplorare insieme».
ALBERTO BALOCCO, PARLA LA FIGLIA DILETTA: “CI FACCIAMO CARICO DEI SUOI VALORI”
Diletta Balocco ricorda come il padre abbia «Sempre creduto in me molto più di quanto io credessi in me stessa. Questa era per me un’incredibile fonte di sicurezza e di forza. Pensavo: “Se lui ci crede, allora forse posso farlo davvero”». Diletta Leotta, figlia maggiore del compiano imprenditore, dovrà ora prendere le redini dell’azienda: «Mi sento pronta? – risponde a domanda diretta del giornalista del Corriere della Sera – sono una persona piuttosto emotiva, mio padre lo sapeva bene».
«A convincermi a leggere la lettera (durante la cerimonia del funerale ndr) è stato Fulvio – ha proseguito – il suo amico d’infanzia (“Truf”, come lo chiamava sempre lui), che mi ha fatto capire che a papà sarebbero brillati gli occhi. E questo è bastato per tirare fuori il coraggio. I valori che la mia famiglia ha trasmesso a me e ai miei fratelli non li raccogliamo oggi: è tutta una vita che ne cogliamo i frutti. Oggi ci facciamo carico di prenderli, coltivarli e conservarli per chi verrà dopo di noi».