MORTO L’EX BR ALBERTO FRANCESCHINI
La scomparsa risale all’11 aprile, ma solo oggi è stata diffusa la notizia della morte di Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse. Fu anche uno dei primi a finire in manette e sul banco degli imputati, poi condannato, ma anche uno dei primi a dissociarsi dalla lotta armata. A dare la notizia della morte all’età di 78 anni dell’ex brigatista è stato il Tg3.
Tornato definitivamente in libertà nel ’92, anche per via di sconti legati a benefici di legge, dopo 18 anni di carcere, Alberto Franceschini lavorò all’Arci di Roma come dirigente di una cooperativa sociale a supporto di disoccupati, minori a rischio, immigrati, detenuti e persone con problemi di tossicodipendenza. Ma lavorò anche a Milano come cameriere. Cinque anni prima di uscire dal carcere scrisse un libro in cui narrò la storia delle Brigate Rosse.
LA NASCITA DELLE BRIGATE ROSSE
“Il perché è complicato, però nello stesso tempo è anche semplice“, disse in una vecchia intervista in merito alla sua militanza. “C’era il dubbio che la democrazia fosse fasulla. Era una volontà precisa di un cambiamento profondo che la democrazia non era in grado di prospettare“. Da ragazzo aveva militato tra i comunisti e poi nel Pci, con cui poi ruppe nel ’70, dandosi alla clandestinità. Quindi, si trasferì a Milano dove raggiunse Renato Curcio e Mara Cagol, con cui fondò le Brigate Rosse.
Impugnò la pistola contro Idalgo Macchiarini, un dirigente della Siemens vittima del primo sequestro lampo dei brigatisti, poi partecipò al sequestro del pm e politico Mario Sossi, con cui le Brigate Rosse fecero irruzione nella scena politica nazionale e che furono le prove generali del sequestro Moro.
Successivamente si spostò a Roma per seguire Giulio Andreotti, venendo arrestato con Curcio dai carabinieri guidati dal generale Dalla Chiesa. Quindi, saltò il sequestro di Andreotti. “Non si fece prima di tutto perché mi arrestarono. Siccome poi arrestandomi trovarono addosso a me dei numeri di telefono che avevano a che fare con lo studio di Andreotti, a quel punto – almeno così poi mi è stato rifiuto dai compagni – non potevano più farlo, sequestrarlo. A me questa risposta non mi è mai piaciuta tanto, per un motivo solo: perché avevano ucciso Moro e quattro della scorta? Questa è una risposta che non mi è mai stata data“, rivelato Alberto Franceschini.
LA “DISSOCIAZIONE” DALLE BR
Curcio venne liberato dalle Br in un blitz, invece Alberto Franceschini rimase in carcere, iniziando a chiedersi perché non era stato liberato pure lui e sulla soffitta che aveva portato al suo arresto. Nonostante i dubbi, rimase nelle Br, anzi fu protagonista di una deriva che lo portò a partecipare a rivolte in carcere.
Negli anni ’80 Alberto Franceschini però decise di fare una retromarcia e di schierarsi con i dissociati, senza però collaborare con la magistratura. Prese invece le distanze dalle Brigate Rosse e dalla loro storia, esprimendo i suoi sospetti sull’evoluzione delle Br dopo il suo arresto e quello di Curcio, nella convinzione che non fossero stati evitati per cambiare la leadership. Ma rivendicò anche il fatto di non aver mai ucciso nessuno: “No, mi sono anche rifiutato di farlo“, disse.