Primo giorno di semilibertà archiviato per Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara Poggi che nel 2015, dopo una singolare odissea giudiziaria che lo vide assolto con “doppia conforme” nei primi gradi di giudizio, fu condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per il delitto di Garlasco. Ancora oggi, trascorsi 10 anni della sua vita in cella, si dice innocente, totalmente estraneo all’omicidio della 26enne massacrata nella sua villetta di via Pascoli la mattina del 13 agosto 2007.
Ora Alberto Stasi sogna un futuro da uomo completamente libero, ma lontano da quella città e dal marchio di assassino che, inevitabilmente, si porta addosso da quando è avvenuto il fatto.
Ha 41 anni, una laurea in Economia e lavora da tempo fuori dal penitenziario, impiegato come contabile per un’azienda che si occupa di amministrazione condominiale. Nel suo “primo giorno” in regime meno restrittivo, si sarebbe visto chiedere selfie da qualcuno che lo ha riconosciuto per strada e non nasconde di voler restare lontano dalla ribalta mediatica.
Alberto Stasi, com’è la sua semilibertà dopo i 10 anni in cella per l’omicidio di Chiara Poggi
Secondo le prescrizioni, Alberto Stasi deve tornare in carcere per dormire a un orario fisso, ma ha piena facoltà di movimento durante la giornata con spostamenti concessi entro la provincia di Milano. Può inoltre coltivare interessi, hobby e frequentazioni a proprio piacimento durante le ore in semilibertà e può vedere familiari e amici quando vuole. Non può avere contatti con soggetti che abbiano precedenti.
Appena raggiunto il fine pena, Alberto Stasi dice di volersi sistemare proprio nel capoluogo lombardo ed è lì che cercherà casa. Non tornerà a Garlasco nemmeno per vedere la madre, che ci vive ancora e che potrà comunque incontrare a casa di altri parenti. Nel frattempo, insieme alla sua difesa – rappresentata dagli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis – attende l’esito della nuova inchiesta che vede indagato, per l’ennesima volta, l’amico del fratello di Chiara Poggi, Andrea Sempio.
Oggi 37enne, è tornato al centro delle attenzioni investigative, clamorosamente, su decisione della Procura di Pavia che conferma la presenza del suo Dna sulle unghie della vittima. Il caso è ancora lontano dal dirsi definitivamente chiuso.