Ricorre oggi – venerdì 9 maggio 2025 – l’anniversario della morte di Aldo Moro al termine di una lunghissima prigionia durata 55 giorni tra le mani delle Brigate Rosse, protagoniste (o meglio, antagoniste) nel periodo storico a cavallo tra gli anni ’70 e ’80: tutto iniziò – non a caso – nel marzo nel 1978 e si concluse il maggio successivo, ma l’eco di quell’evento – divenuto poi il vero e proprio simbolo degli anni di piombo italiani – si estende ancora oggi con numerosi dubbi su quanto effettivamente accaduto ad Aldo Moro; non tanto dal punto di vista del rapimento, della prigionia e dell’omicidio già ben ricostruite da numerosi processi, ma da quello delle responsabilità dello Stato italiano nella sua morte.
Partendo dal principio, è bene tornare proprio in quel 1978: il 16 marzo sarebbe stata – potenzialmente – una giornata storica perché si sarebbe portato a compimento il progetto di Aldo Moro di avvicinare la sua Democrazia Cristiana al Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer con il famosissimo ‘compromesso storico’; mentre in realtà l’auto che stava portano lo statista della DC in Parlamento per la votazione sul compromesso fu bloccata da quattro militanti delle Brigate Rosse che dopo aver ucciso la scorta di cinque agenti (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi), rapirono Aldo Moro diramando poco dopo un comunicato con il quale rivendicarono l’azione.
La prigionia, l’esecuzione e il ritrovamento di Aldo Moro: i 55 giorni che sconvolsero l’Italia
Si aprirono in quel momento i famosi 55 giorni di prigionia di Aldo Moro costellati da decine e decine di lettere scritte dal leader della DC a politici, amici, parenti ed anche al Papa e al contempo da 9 comunicati diramati dalle Brigate Rosse tra cui il primo corredato dalla famosissima foto dello statista davanti alla bandiera delle BR in quella ‘prigione del popolo‘ in cui era detenuto: se da un lato lo statista implorava chiunque di scendere a compromessi con i terroristi per ottenere la sua scarcerazione; dall’altro la richiesta era quella di liberare alcuni brigatisti condannati dalla giustizia italiana.
La linea del governo italiano fu durissima e nonostante gli appelli di Aldo Moro – figura centrale nella politica degli anni ’70 – si scelse di non scendere a nessun compromesso con le Brigate Rosse e pur a fronte di migliaia di posti di blocco, perquisizioni nelle abitazioni e milioni di controlli e ispezioni, il 5 maggio venne diramato l’ultimo comunicato in cui si annunciava che il tribunale del popolo aveva concluso il suo processo e avrebbe presto eseguito la sentenza contro il leder della DC.
Il successivo 9 maggio alle 12:30 le Brigate telefonarono al fidato braccio destro di Aldo Moro, il professor Francesco Tritto, per informarlo che il corpo del leader della DC si trovava nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani – a metà strada tra le sede dalla DC e quella del PCI, ovviamente a Roma – e fu trovato alle 14: a processo sono finiti decine e decine di brigatisti e i lungi processi si sono conclusi con 63 condanne tra 32 ergastoli e 316 anni di reclusione complessiva.
I dubbi (mai confermati) sulla morte di Aldo Moro: dai Servizi Segreti italiani agli USA, fu un ‘colpo di stato’?
Come dicevamo già prima, nonostante la realtà processuale sul caso Aldo Moro sia stata ampiamente ricostruita e riconosciuta – peraltro confermata da due Commissioni d’inchiesta parlamentare aperte tra il 1979 e il 2014 -, sono ancora moltissimi i dubbi per quanto riguarda la durissima linea dello stato italiano: in quei 55 giorni di prigionia – infatti – si riuscì ad arrivare più volte al punto di individuare la prigione del popolo salvo poi trovare una stanza vuota dalle quale lo statista era stato trasferito poco prima e questo alimentò l’ipotesi che potesse esserci un qualche coinvolgimento dei Servizi Segreti che anticipavano alle BR le mosse degli inquirenti.
Il filo rosso di questi dubbi sul rapimento di Aldo Moro sarebbe il presunto coinvolgimento degli Stati Uniti (più volte ipotizzato ma mai veramente indagato a fondo) che in quel periodo erano nel pieno della Guerra Fredda: l’idea sarebbe quella che l’avvicinamento al Partito Comunista in un paese come l’Italia avrebbe potuto causare un’ondata ‘rossa’ che per gli americani sarebbe stata distruttiva; al punto – se non proprio di organizzare il rapimento e l’omicidio – da spingere il presidente affinché non scendesse a compromessi con le Brigate Rosse.