Nell’ultimo articolo abbiamo commesso un errore logistico che però ci permette di tornare su di un tema più volte affrontato e che recentemente ha subito sviluppi che concretamente minacciano la stabilità dell’America Latina.
Parlando dell’ex Presidente Boliviano Evo Morales avevamo sottolineato come, per tornare a occupare la massima carica nel suo Paese, nonostante i divieti sia di ordine legislativo che per delitti ordinari di cui è accusato e dovrebbe subire vari processi, volesse fondare un movimento personale che si sarebbe presto riunito in quel di Bogotà. Chiaro invece che il luogo dell’incontro è la capitale La Paz e non quella colombiana, dove però l’attuale Presidente Gustavo Petro sta attraversando momenti difficili, dovuti anche alle sue chilometriche gaffes a livello pure internazionale.
L’ultima della serie è addirittura clamorosa e risiede in una dichiarazione nella quale, nel corso di una riunione del Consiglio dei ministri, ha affermato che “la cocaina non fa più male del whisky”, ma “è illegale solo perché la facciamo in Sudamerica”, fornendo un assist davvero clamoroso a tutti i cartelli del narcotraffico visto che (sempre secondo lui) il Fentanyl, ovvero il super oppioide che sta uccidendo migliaia di persone negli Usa, è 50 volte più potente della coca stessa.
In sostanza Petro propone di liberalizzarla, un po’ come gli stessi Usa (e alcuni Paesi europei) stanno facendo da anni legalizzando la vendita della marijuana a scopo terapeutico.
Ora non è che i vari Presidenti Usa non fossero al corrente di questo dato, pensando che la cocaina fosse un medicamento inoffensivo, ma colpisce il fatto che, in un momento nel quale la produzione di coca in Colombia registra dei record epocali, servisse una pubblicità addirittura governativa sul fenomeno.
In effetti, però, è risaputo che i cartelli della coca hanno anche un’influenza politica enorme, al punto di poter decidere quali Presidenti eleggere, e non solo nell’area latinoamericana: per loro l’elezione di Trump rappresenta quindi un pericolo o per lo meno un fattore negativo rispetto ai Governi falsamente progressisti radical-chic pensiero unico che vengono manovrati dai narcos o dalla criminalità organizzata.
Per questo motivo, tornando alla Bolivia, Morales vuole rioccupare la carica di Presidente organizzando un suo Movimento (naturalmente con una stragrande maggioranza di “cocacoleros”, suo punto di forza) e convocando oltre 100.000 persone a manifestare: anche perché all’interno del suo ex Partito MAS, che attualmente occupa sia la Presidenza che la maggioranza governativa, sono in molti a cercare di distanziarsi dal narcotraffico e combatterlo.
In Colombia, invece, Petro rilancia, trovandosi in perfetta sintonia con il suo collega boliviano e cercando di riunire in una forte alleanza non solo i loro due Paesi ma anche il Venezuela, il Nicaragua e, ovviamente, Cuba.
Si torna quindi a respirare in Sudamerica quell’aria da “Revoluccion del Pueblo” smerciata fin dagli anni Settanta come la soluzione per il benessere dei popoli, ma, finora, dimostratasi un perfetto alleato della povertà massiva legata alle crisi di nazioni governate da un populismo di (falsa) sinistra.
Proprio Petro fece parte nel 1977 di un movimento terrorista, denominato M19, che mise a ferro e fuoco il Paese e lo immerse in una guerriglia che solo da pochi anni, attraverso una pacificazione, ha riportato la Colombia in condizioni politiche decenti. Il potere, però, tranne che per poco tempo, ha sempre subito l’influenza dei narco e la sinistra ombra di Pablo Escobar è ancora presente e riverita, specie nelle classi che soffrono di povertà.
L’attuale problema dei cartelli, oltre che l’elezione di Trump, è rappresentata anche da quella di Milei in Argentina visto che, dopo 4 anni di frontiere “libere e aperte” dovuti al Governo perokirchnerista di Alberto Fernandez, i confini si sono di nuovo chiusi e vengono costantemente presidiati dalle forze al comando del ministro della Sicurezza Patricia Bullrich, che nel corso di questi ultimi tempi hanno non solo arrestato decine di persone legate ai narco, ma anche ridotto in maniera notevole la loro influenza in quel di Rosario,
vero centro di smistamento della coca che poi, approdata a Buenos Aires, era pronta a essere esportata in Europa attraverso un rete organizzatissima che ha avuto anche, come punti finali di appoggio in questo commercio, flotte di pescherecci che hanno riguardato anche l’Italia.
Ora il circuito importantissimo, se non vitale, di trasporto si è drasticamente ridotto e quindi i boss della droga devono trovare alternative valide per proseguire nei loro traffici: ecco spiegata la ragione di certe alleanze tra nazioni con interessi illegali comuni per costituire una via sicura di smercio delle loro dannose sostanze.
Di certo, però, bisogna anche dire che le relazioni “sotterranee” che il nuovo Governo Usa sta attuando con Caracas, anche con l’azione di far rientrare tutti i venezuelani che risiedono clandestinamente negli Usa, se da un lato mirano direttamente al controllo delle immense fonti energetiche del Paese caraibico, dall’altro potrebbero rivelarsi pericolose per il semplice motivo di stabilire quale sarà la merce di scambio che permetterebbe il controllo citato: e se fosse la chiusura di un occhio (anzi due) sui traffici di droga a livello continentale, visto che il regime di Maduro è fortemente nelle mani dei cartelli narco?
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