Andrea Moro, professore ordinario di Linguistica generale presso la Scuola Universitaria Superiore di Pavia, dove ricopre anche il ruolo di rettore vicario, è intervenuto nella giornata di oggi, lunedì 5 luglio 2021, sulle colonne di “Controcorrente” per parlare della materia che gli compete da sempre: la neurolinguistica. Un argomento affascinante e ricco di colpi di scena inaspettati, come si evince sin dalle prime dichiarazioni del docente, che ha rivelato che da bambini è possibile imparare senza difficoltà alcuna tutte le lingue del mondo, anche quelle che agli occhi degli adulti possono risultare più ostiche, per non dire impossibili.
“Siamo programmati per apprendere in modo spontaneo un numero elevato di lingue fino ai cinque-sei anni – ha precisato Moro –, poi l’apprendimento senza sforzo diminuisce gradualmente sino al sopraggiungere della pubertà. Da quel momento, l’acquisizione passa soltanto attraverso la via razionale, lo studio”. C’è però un fattore che facilita il compito di imparare un altro idioma in età adulta: conoscere molto bene il proprio, quindi saperlo descrivere, ma parlare la propria lingua non significa automaticamente conoscerla.
ANDREA MORO: “LE ABBREVIAZIONI NON UCCIDERANNO LA LINGUA”
Nel prosieguo dell’intervista, Andrea Moro si domanda da dove provenga il linguaggio e precisa che non è assicurato che si possa individuare una risposta adeguata a tale quesito, poiché la lingua è simile a un labirinto di cui si conoscono alcuni pezzi, senza tuttavia riuscire a ottenere una sua visione d’insieme. Sbaglia, però, chi parla di “nativi digitali“: “Non esistono, in quanto non è vero che oggi i bambini hanno un cervello modificato rispetto a quello di genitori e nonni. Così come non è vero che le abbreviazioni degli sms, dei messaggi, atrofizzeranno la capacità linguistica. Se così fosse, l’Impero romano sarebbe durato cinque minuti…”.
C’è poi il mito del greco e del latino, che si dice “aprano la mente” più di qualsiasi altra lingua: secondo Moro anche questo non corrisponde alla realtà dei fatti, anche se sottolinea che lingue analizzate in maniera così approfondita possono offrire l’opportunità per comprendere meglio la propria. E la cancel culture? “Pura follia. Se gli inglesi volessero fare piazza pulita, per coerenza dovrebbero rinunciare ai due terzi del loro vocabolario e gli americani dovrebbero cambiare nome alla propria terra, denominata così in onore di Amerigo Vespucci”.