Più che istigare Andrea Prospero al suicidio, l’indagato per la sua morte lo avrebbe aiutato: a precisare questo particolare relativo alla svolta nell’inchiesta è il procuratore capo di Perugia nella conferenza stampa che ha tenuto oggi in questura. Raffaele Cantone ha, infatti, spiegato il primo tassello dell’indagine che ha portato un giovane romano agli arresti domiciliari per la morte dello studente universitario di Lanciano.
L’istigazione sarebbe stata virtuale, visto che tra i due non c’era stato alcun incontro. Per la Polizia Postale questa vicenda dimostra la pericolosità delle trappole virtuali e come il virtuale riesca a produrre effetti nella realtà. Questo per il procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini, che ha condotto le indagini, rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica e quella personale.
MORTE ANDREA PROSPERO, PROSEGUONO LE INDAGINI
A tal proposito, le analisi sui dispositivi elettronici del giovane sarebbero state decisive per ricostruire l’accaduto. Ma per Cantone è stato individuato solo il primo tassello, quindi l’indagine prosegue dopo l’individuazione di colui che è sospettato di essere colui che ha aiutato Andrea Prospero a suicidarsi. L’inchiesta, peraltro, è complessa, visto che richiede l’analisi di dispositivi e apparati informatici, ma ci sono altre questioni da chiarire, come le tante sim e i cellulari ritrovati, così come va scoperto il motivo per il quale Prospero usava quell’appartamento di cui non aveva bisogno.
Il procuratore Cantone ha rivelato anche che c’è un indagato per la cessione di un farmaco di tipo oppiaceo allo studente. Il motivo per il quale non è accusato di istigazione o aiuto al suicidio è dovuto al fatto che ha semplicemente venduto il medicinale, non era a conoscenza del motivo per il quale Andrea Prospero lo avrebbe usato.
Per il padre di Andrea Prospero non si tratta di istigazione al suicidio, ma di omicidio, ma continua ad avere fiducia nella giustizia e nel fatto che si possa arrivare alla verità. Ai microfoni di LaPresse, Michele Prospero ha ribadito di non credere né alla tesi del suicidio né a quella dell’istigazione, ma vuole attendere tutti gli accertamenti del caso.
GLI INCORAGGIAMENTI VIA CHAT AL SUICIDIO
Le indagini hanno appurato che Andrea Prospero aveva stretto un rapporto confidenziale con una persona a cui aveva confidato i suoi problemi e le sue ansie in merito alla sua vita universitaria. Gli avrebbe anche confidato il pensiero di suicidarsi. Dall’esame delle interlocuzioni con questa persona è emerso che Andrea Prospero aveva anche chiesto consigli sullo strumento più idoneo per portare a termine il gesto estremo, con l’interlocutore che lo avrebbe incitato e incoraggiato.
Le chat sarebbero esplicite e avrebbero consentito di raccogliere elementi indiziari gravi sul ruolo dell’interlocutore virtuale nell’incoraggiare Andrea Prospero a suicidarsi con i farmaci, visto che lo rassicurava riguardo il fatto che non avrebbe provato alcun dolore ingerendo oppiacei. Lo studente si sarebbe informato via Telegram e avrebbe acquistato il farmaco da un altro utente, ricevendolo in un locker. Prima di compiere il gesto, Andrea Prospero avrebbe espresso all’amico di non riuscire a suicidarsi, chiedendogli un altro incoraggiamento, che purtroppo è arrivato.