Quanto durano gli anticorpi che contrastano il covid, dopo il vaccino o dopo la malattia? Una domanda a cui stanno cercando di rispondere numerosi studi autorevoli, ma che spesso e volentieri trova in contrasto gli scienziati, convinti che non conti tanto il livello di anticorpi, quanto il loro tipo. Della questione ne ha parlato anche il professor Andrea Cossarizza, immunologo di Unimore, l’università di Modena e Reggio Emilia, che interpellato da IlGazzettino ha spiegato: «Gli anticorpi scemano? Non è necessariamente un problema. Quando il sistema immunitario incontra l’antigene (tramite il vaccino, ndr) produce gli anticorpi che poi nei mesi calano, ma non spariscono. Quello che più conta è che le cellule deputate alla produzione di anticorpi non svaniscano, quelle restano. Si trovano nel nostro sistema immunitario localizzato (milza, linfonodi, intestino ecc)».
«Quindi – ha proseguito Cossarizza – quando misuriamo gli anticorpi abbiamo una spia di quello che è successo o sta succedendo, ma l’esame non indica quante cellule sono capaci di produrne ulteriormente. Per misurarle occorrere una biopsia linfonodale. Cosa ovviamente non fattibile». Di conseguenza, prosegue Cossarizza, «avere un calo degli anticorpi è fisiologico. Esistono ricerche recenti che mostrano come nei volontari che si sono sottoposti a una biopsia linfonodale la memoria dei linfociti B, le cellule che producono anticorpi, sia ben presente dopo molti mesi dal vaccino. Anzi la qualità di questa capacità produttiva è addirittura migliorata, pur non incontrando nuovamente il virus».
ANTICORPI COVID QUANTO DURANO? “SPERIAMO SI COMPORTINO COME QUELLI DELLA SARS…”
Il giornalista chiede quindi se vi sia un livello di anticorpi sotto il quale sia il caso di preoccuparsi, ma al momento non esistono risposte certe: «Non lo sappiamo ancora, non esistono dati sufficienti. Ad esempio puoi avere pochissimi anticorpi, ma se ti infetti le tue cellule nel giro di pochissimo tempo li producono e il virus viene fermato prima che scenda oltre le prime vie aeree. Ecco perché può succedere che un vaccinato risulti positivo al tampone, l’importante è che il virus non provochi forme gravi della malattia».
In ogni caso, vedendo i precedenti virus epidemici, Cossarizza evidenzia un fatto non da poco: «Abbiamo qualche buona notizia. Chi ha avuto il Sars-Cov-1, nel 2003, dopo 17 anni avevano ancora cellule di memoria». Ovviamente il coronavirus di oggi è un altro tipo di virus, ma «Speriamo vada nello stesso modo. Se andrà così, tra qualche anno il Covid-19 potrebbe essere solo un bruttissimo ricordo. Ma sta a noi continuare la battaglia quotidiana. Quindi niente sparate e sempre molta cautela».