Nuovi antidolorifici potranno essere sviluppati grazie allo studio del veleno della tarantola? È quanto si evince da un lavoro di ricerca recentemente pubblicato
Nuovi antidolorifici saranno ricavati dal veleno di tarantola o, più precisamente, da una sua analisi approfondita? Questo è quello che ritengono i ricercatori che hanno pubblicato il loro lavoro su “Proceedings of the National Academy of Sciences”, secondo i quali il funzionamento interno del veleno della tarantola potrebbe aiutare a spiegare i misteri del dolore cronico che hanno afflitto i pazienti e gli scienziati per anni.
“Uno dei tratti distintivi dei morsi di ragno è la sensazione di dolore – ha detto Rocio Finol-Urdaneta, medico presso l’Illawarra Health and Medical Research Institute in Australia –. Quando i pazienti si rivolgono ai dottori dopo essere stati morsi, la prima domanda è se fa male o no, perché questo è il criterio con cui procedere”. Di base, i nostri neuroni sensoriali a volte non funzionano con equilibrio e consentono ai neuroni del dolore di “accendersi”, causando dolore cronico; a tal proposito, il veleno di tarantola è particolarmente abile a dirottare i processi elettrici che inducono i neuroni a rilassarsi. Ognuno di essi è circondato da milioni di piccole porte che sono fatte su misura per gli ioni di sodio, potassio e calcio, che entrano ed escono dal neurone.
VELENO DI TARANTOLA PER NUOVI ANTIDOLORIFICI? “IL SEGRETO È IN UN PEPTIDE”
In base allo studio, il veleno di tarantola racchiude in sé un peptide denominato Pm1a, che apre le porte (denominate anche canali) agli ioni di sodio e chiude anche i canali degli ioni di potassio. Gli ioni di sodio continuano a marciare attraverso le porte aperte per il sodio e le porte di uscita per gli ioni di potassio sono tenute chiuse dall’esterno, così il neurone non può calmarsi.
“Il vantaggio di usare i peptidi del veleno di ragno è che essi on causano dipendenza dalla dose e dipendenza – ha detto Christina Schroeder, una ricercatrice del NIH che studia gli antidolorifici ispirati al veleno, ai microfoni di “Vox” –. Non si basano sui recettori che l’ossicodone o la morfina avrebbero agganciato, e possono anche essere più precisi degli oppioidi, riducendo i loro effetti collaterali. Questo studio evidenzia che dovremmo probabilmente riesaminare il modo in cui ci avviciniamo allo sviluppo di nuove terapie del dolore. I ricercatori dovrebbero concentrarsi su antidolorifici che mirano a diverse parti dei nostri sistemi di rilevamento del dolore”.