Nella puntata di oggi di "Cose Nostre", la figura di Antonio Chichiarelli: chi era il falsario che partecipò al rapimento di Aldo Moro
Tra le figure più misteriose degli anni di piombo c’è sicuramente quella di Antonio Chichiarelli, soprannominato da tutti semplicemente “Tony”, che riuscì a passare del tutto inosservato agli inquirenti mentre ordiva trame contro lo Stato, partecipando addirittura al sequestro di Aldo Moro in modi che non sono mai stati veramente chiariti, agendo su ordine di individui ignoti e per motivazioni mai comprese. Una figura enigmatica – appunto, quella di Antonio Chichiarelli – che questa sera sarà approfondita nel dettaglio dalla trasmissione Cose Nostre, in onda nella seconda serata di Rai 1 con la conduzione di Emilia Brandi.
La vita di Antonio Chichiarelli è stata – dicevamo già prima – a lungo un completo mistero, venuto a galla solamente dopo la sua uccisione (altrettanto misteriosa), i cui esecutori e mandanti non sono mai stati individuati. Era il settembre del 1984 quando Tony, la moglie Cristina Cirilli e il piccolo figlio Dante vennero raggiunti da alcuni uomini a volto coperto che, prima, puntarono una pistola contro la donna esplodendo un totale di tre proiettili – salvandosi per miracolo –, per poi rivolgere l’arma contro lo stesso Antonio Chichiarelli, accorso in suo aiuto: lui venne attinto da sei proiettili e morì sul colpo.
Chi era Antonio Chichiarelli: l’ignoto falsario che fondò la Banda della Magliana e partecipò al rapimento di Aldo Moro
Dalle ovvie indagini che partirono sull’omicidio di Antonio Chichiarelli, gli inquirenti si trovarono davanti a un’enorme matassa che collegò il falsario – esperto di contraffazione e ricettazione di opere d’arte – alle fosche trame degli anni di piombo: era stato tra i fondatori della Banda della Magliana, aveva preso parte (e addirittura personalmente organizzato) alla famosa “rapina del secolo” alla Brink’s Securmark, che gli valse la bellezza di 35 miliardi di lire, aveva conosciuto i vertici di Cosa Nostra, delle Brigate Rosse e si era macchiato di ogni tipo di reato.
Nella cassaforte dell’abitazione di Antonio Chichiarelli, però, gli inquirenti fecero il singolare ritrovamento di una polaroid mai vista prima, che ritraeva Aldo Moro nella “Prigione del Popolo” in cui le Brigate Rosse lo tennero prigioniero per 55 giorni prima di giustiziarlo. Indagando a fondo, nei lunghi processi sul caso Moro si è riusciti ad appurare – secondo i magistrati “senza ombra di dubbio” – che Antonio Chichiarelli fosse l’autore del falso Comunicato numero 7, con il quale le BR sostennero di aver ucciso mediante “suicidio” il leader della DC e di averlo gettato nel Lago della Duchessa.
Inutile ricordare che il comunicato venne presto smentito (era il 18 aprile e Aldo Moro non sarebbe morto prima del 9 maggio) e, ad oggi, resta un mistero perché Antonio Chichiarelli confezionò quella falsa lettera e – forse soprattutto – per ordine di chi: l’ipotesi maggiormente accreditata è che servisse per distogliere l’attenzione degli inquirenti da Roma, in modo da permettere alle Brigate di spostare facilmente lo statista da un covo all’altro; mentre c’è chi crede che contenesse un qualche messaggio segreto (ufficialmente mai decodificato) rivolto alle stesse BR e ai capi di Stato.