Antonio Di Fazio, ex imprenditore farmaceutico accusato di violenza sessuale da diverse donne, è stato condannato a 9 anni di reclusione nel giugno scorso e poche ore fa sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa a suo carico dalla Corte d’Appello di Milano. L’uomo sarebbe finito a processo per sei episodi di abusi ai danni di altrettante vittime ed era stato arrestato nel 2021 per aver narcotizzato e violentato una studentessa 21enne che, secondo l’accusa, avrebbe attirato nel suo appartamento con la scusa di uno stage.
Per i giudici, riporta TgCom24 citando stralci della sentenza, Antonio Di Fazio avrebbe “svolto fino alla fine una difesa mirante a denigrare le sue vittime, a farle passare per ragazze disinvolte e pronte a vendersi, mentitrici, volontarie assuntrici di sostanze da sballo, assetate di profitti e occasioni di lavoro“. Nella condotta dell’imputato, anche in costanza di giudizio, non sarebbero emersi segnali di autentica resipiscenza. La “contrizione” mostrata dall’ex manager, avrebbero scritto ancora i giudici, sarebbe una “scelta strategica” per ottenere una pena ridotta e non il frutto di una concreta rivisitazione critica dei fatti.
Antonio Di Fazio, depositate motivazioni condanna per violenza sessuale: “Vittime denigrate e trattate come oggetti privi di dignità”
“Non c’è nulla di autentico nella contrizione” di Antonio Di Fazio, scrivono i giudici d’appello di Milano, “che risulta piuttosto scelta strategica per ottenere un più benevolo giudizio. Di fatto egli continua a denigrare e trattare le sue vittime come oggetti privi di morale e di dignità“. Sarebbe questo uno dei passaggi chiave delle motivazioni della sentenza di condanna emessa a carico dell’ex imprenditore farmaceutico imputato di violenza sessuale per sei episodi di abusi su altrettante donne.
Nel maggio 2021 l’arresto a seguito della denuncia di una studentessa 21enne che l’ex manager, secondo l’accusa, avrebbe violentato dopo averla attirata con l’inganno nella sua abitazione e narcotizzata. Per Antonio Di Fazio, ricostruisce Ansa, il sostituto pg Laura Gay aveva chiesto 12 anni di carcere, con riduzione della pena rispetto ai 15 anni e mezzo inflitti in abbreviato in primo grado. In appello, a carico dell’ex imprenditore sarebbe stata riconosciuta la continuazione tra i reati, vincolo non applicato dal gup (motivo, quest’ultimo, che aveva portato a una riduzione in secondo grado): “Tutti i reati ascritti per cui si è motivata la colpevolezza – un altro passaggio delle motivazioni della sentenza – risultano commessi in rapida sequenza temporale tra loro, con le medesime modalità esecutive e avvalendosi della medesima originaria organizzazione“.