Rigo Righetti non ha certo bisogno di presentazioni. Figura storica del rock italiano, quello vero, il suo nome è conosciuto sin dagli anni 80, quando faceva parte dei Rocking Chairs, gruppo che aprì la strada a chi in Italia voleva cimentarsi con il rock americano. Poi diversi anni nella band del più popolare cantautore rock (come si definisce lui), Ligabue, su e giù dai palchi, fuori e dentro gli stadi. Tra reunion dei RC e progetti con i fedeli Roby Pellati e Mel Previte, Rigo ha portato avanti anche una sua intensa carriera solista.
Eccolo al nuovo episodio, un nuovo disco strumentale dopo l’eccellente Profondo basso uscito ormai una decina di anni fa. Ed è un nuovo coraggioso e riuscito passo in avanti.
S.I.N.E. (SOUNDS IT NEVER ENDS) spazia in lungo e largo verso aperture strumentali inedite, tra jazz, funk, hip-hop, blues e world music, soprattutto suggestioni medio orientali, come la bellissima Bollywood Rising in cui Rigo si cimenta in maniera ottima anche alla chitarra elettrica come fa in tutto il disco. Il basso poderoso detta ritmo e melodie con un risultato incantevole e trascendentale. Il ritmo è irresistibile per tutto il disco, come nella funkeggiante After all there is life in the world mentre Jazzyn the blues è fusion di alta qualità.
Come dicevamo, è un disco coraggioso dove Rigo si lancia in escursioni musicali senza barriere. E’ il caso di Tutto collegato che vede alla voce il rapper Frank Macro, hip-hop veramente suonato, non confezionato su computer come fanno tutti oggigiorno. It’s a prog morning è una elegante esecuzione dai toni rilassati, che richiama il Clapton più melodico del passato.
Il titolo del disco e tutto il progetto musicale sono ispirati, spiego lo stesso Rigo, “dall’ossessione dell’inventore Guglielmo Marconi per il “suono”, una ricerca che ha concentrato negli ultimi anni della sua vita, quando una sua convinzione lo portò a teorizzare, senza effettivamente riuscire a dimostrarlo, come il suono non abbia mai fine e che, con i mezzi adatti per raccoglierlo, potremmo sentire qualsiasi suono sia mai stato emesso sulla terra”. Affascinante. C’è infatti un suono cosmico che si perde nella notte dei tempi e ancora arriva a noi per vie misteriose. “L’idea del “suono che non muore mai” dice ancora Rigo “possiamo definirla una splendida utopia, come un sogno e proprio come un sogno è il mestiere del musicista, un sogno da hippie come quello che anima il fare musica di Neil Young ma che male può fare sognare? L’essere umano ribadisce la sua grandezza nella capacità onirica.”. Per fortuna dischi come questo ci permettono di sognare e “sentire” la musica. Collaborano alla riuscita del disco Franco “The Place”Anderlini, Tommy Graziani, Andrea “Pell”Pellicciari.