Il nuovo primo ministro della Malesia, Anwar Ibrahim, è pronto alla sfida contro gli estremismi religiosi, a cominciare da quelli islamici. L’ex ministro delle finanze è riuscito ad ottenere dopo una lunghissima carriera in politica il posto di maggior prestigio e più ambito lo scorso novembre, ed ora il mondo occidentale guarda con ottimismo al suo operato. Il voto di fiducia dal parlamento è giunto lo scorso 19 dicembre, dopo che Anwar Ibrahim ha convinto il re Abdullah di Pahang di essere il miglior baluardo contro il PAS, il Partito Islamista, che nel corso dell’ultima tornata elettorale ha di fatto triplicato i suoi voti, seminando non poca ansia nei palazzi dei sultani, così come sottolineato oggi dal quotidiano Le Figaro.
Si è quindi presentato come una sorta di salvatore della patria, “Ha un senso innato del suo destino, ed è consapevole delle aspettative. Quindi gioca la carta dell’umiltà”, ha spiegato il giudice Ibrahim Suffian, direttore di Merdeka Center, un think tank di Kuala Lumpur. “È un ‘jolly’, ma offre un nuovo inizio – ha proseguito – l’opinione pubblica ritiene che sia giunto il momento di dargli una possibilità”. Per alcuni si tratta di una vendetta dello stesso Anwar Ibrahim giunta dopo un processo per sodomia e una successiva condanna risultata poi essere totalmente falsa.
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Il nuovo primo ministro si è messo così a capo di una coalizione quasi “innaturale”, radunando i malesi dell’ex coalizione nazionalista con la formazione riformista di Pa katan Harapan (PH), sostenuta dalle minoranze cinesi e indiane. Un sostegno quindi ad una Malesia multietnica: “E’ una una coalizione di coalizioni molto difficile maneggiare – commenta il giornalista Ho Kay tat – solo Anwar Ibrahim è capace farlo per la sua esperienza e per il suo Pedigree islamico”.
Presentandosi al governo il premier ha spiegato che “La comunità LGBT e l’omosessualità non saranno mai riconosciute dal suo governo”, dichiarazioni forti che mirano a soddisfare gli elettori conservatori. Molte le sfide che attendono Anwar Ibrahim a cominciare dalla crisi economica dopo il covid, con lo spettro di una recessione globale. “La sua unica opzione – aggiunge ancora Ho Kay Tat – è reindirizzare i sussidi verso i più vulnerabili. I ricchi non saranno felici, ma lo preferiranno sempre all’arrivo degli islamisti”. Sul fronte internazionale, invece, farà fede alle sue relazioni con Stati Uniti e Cina e per ora il mercato ha risposto in maniera positiva. “Se sopravvive i prossimi sei mesi, la coalizione durerà nel tempo” conclude Ong Kian Ming.