Una società vuole fare causa allo Stato per una commessa di milioni di mascherine perché penalizzata dalla struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri, che invece avrebbe favorito un amico dell’ex commissario. Il condizionale è d’obbligo in questa vicenda tutta da chiarire. Infatti, vi è un’inchiesta della procura di Roma che vede Arcuri accusato di abuso d’ufficio, salvo poi chiedere l’archiviazione per mancanza di “dolo intenzionale”. Da una parte c’è un’azienda che ha importato milioni di mascherine di qualità in piena pandemia Covid, ma sarebbe stata penalizzata mentre un’altra società, nello stesso periodo, ha importato prodotti di pessima qualità, come segnalato in fase di sdoganamento, eppure la struttura commissariale le ha costruito ponti d’oro per la distribuzione delle mascherine in Italia.
Stando a quanto riportato da Repubblica, l’errore di Domenico Arcuri non sarebbe stato compiuto per una questione di doppiopesismo, ma per una svista clamorosa, cioè una mail non letta. La struttura commissariale si era dimenticata di inviare al Comitato tecnico scientifico (Cts) i documenti che la società aveva inviato e che testimoniavano che le mascherine FFP2 e Kn95 importate avevano superato tutti i test con successo. Il Cts formulò un parere di diniego alla valutazione, perché le mascherine non andavano bene. Domenico Arcuri per questo ha impugnato il contratto e annullato la commessa, ma Jc Electronics aveva già importato le mascherine, anticipando spese milionarie. La vicenda potrebbe non approdare ad un processo, ma gli interrogativi sono tanti e la società che si sente danneggiata, la Jc, sarebbe pronta a chiedere un risarcimento miliardario allo Stato italiano.
INCHIESTA MASCHERINE, JC CHIEDE MAXI RISARCIMENTO
Jc Electronics fu estromessa dalla struttura commissariale senza che questa chiarisse il motivo dell’esclusione, cosa che le avrebbe consentito di far notare che la documentazione che attestava la qualità delle mascherine era stata mandata via Pec. I vertici dell’azienda scoprirono questa svista, compiuta il 7 luglio 2020 dalla struttura commissariale, quando ormai era troppo tardi. Secondo quanto riportato da Repubblica, l’autore dell’errore sarebbe Antonio Fabbroncini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale che non aveva inoltrato la mail della Jc al Cts. Il nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza ha rilevato che «la scrupolosità seguita dalla struttura commissariale per le mascherine della Jc non sembrerebbe essersi registrata con gli acquisti in Cina delle mascherine fatte dalla stessa struttura con la mediazione del giornalista Rai Mario Benotti». Ad esempio, queste mascherine presentavano «criticità sia in fase di sdoganamento che in relazione all’autenticità delle certificazioni». Evidenzia altresì che il Cts aveva espresso esito non favorevole per le mascherine Jc e per quelle mediate da Mario Benotti, che però sono state distribuite in tutto il territorio nazionale. La commessa da 1,2 miliardi di euro per 800 milioni di mascherine, quasi tutte farlocche, ha spinto la procura di Roma a chiudere l’indagine. Se quella sulla penalizzazione di Jc va verso l’archiviazione, il danno in sede civile potrebbe portare ad un maxi risarcimento che non sarebbe meno grave per lo Stato italiano di un processo penale.