La lunga e complicatissima battaglia per il diritto di possedere armi negli USA è tornata centrale negli ultimi giorni, in seguito alla sparatoria nel campus universitario di Las Vegas che è costata la vita a 4 studenti e all’assaltatore, un docente 67enne escluso da un colloquio di lavoro. Si tratta, però, solamente dell’ennesimo caso in un 2023 che con 39 sparatorie ha toccato il record degli ultimi 15 anni.
Una parte della società USA ritiene il possesso delle armi un diritto sacrosanto ed inalienabile, sancito dallo stesso secondo emendamento della Costituzione americana. Una parte più progressista, invece, vorrebbe maggiori vincoli, specialmente per l’acquisto e la detenzione, magari limitandoli a pistole e armi “leggere”. Una legge del 2005, inoltre, protegge i produttori dalle eventuali responsabilità per le sparatorie, e nonostante alcuni Stati (New York, Illinois e California) hanno varato leggi opposte per rendere le cause più semplici o vietare le vendita di fucili d’assalto, proibire le armi negli USA continua ad essere un vero e proprio tabù. Infatti, la Corte Suprema e numerosi altri stati, come risposta alle limitazioni, hanno cercato di espandere con leggi simili il diritto al possesso.
Suore contro le armi negli USA: “Basta vendere fucili d’assalto”
Tuttavia, la sparatoria che ha riaperto il caso delle armi negli USA avrebbe una particolarità. Il giorno stesso dell’assalto, infatti, quattro gruppi di suore si sono mosse per fare causa alla famosa produttrice Smith&Wesson, accusandola di violare deliberatamente le leggi federali. Non è il primo caso del genere, perché già lo scorso anno l’azienda Remington, citata in giudizio, aveva accettato di pagare 73 milioni di dollari alle famiglie delle vittime della scuola elementare Sandy Hook.
La particolarità della nuova denuncia contro il possesso di armi negli USA, tuttavia, sta nel fatto che è stata mossa da soci azionisti della stessa azienda produttrice. Infatti, le Adrian Dominican Sisters del Michigan, le Sisters of Bon Secours di Marriottsville in Maryland, le Sisters of St. Francis of Philadelphia e le Sisters of the Holy Names of Jesus & Mary dell’Oregon posseggono alcune azioni della Smith&Wesson. Sembra un controsenso, ma non lo è, perché la ragione per cui le suore hanno deciso di supportare il business delle armi negli USA è proprio fine a chiedere più rigore all’azienda. Ci provarono già nel 2019, ottenendo la redazione di un rapporto sulla sicurezza e poi, fallendo, nel 2021 quando chiesero una “politica dei diritti umani”. La nuova battaglia, invece, è fine a chiedere la rimozione dal commercio dei fucili d’assalto che “non hanno altro proposito che l’omicidio di massa.Non sono armi perlo sport”.