ARTE/ Da Botticelli a Tino da Camaino, il Natale non finisce il 25 dicembre
Da Raffaello a Filippo Lippi, tra Palazzo Marino e S. Eustorgio, Milano ospita cinque capolavori che aiutano a comprendere il mistero di Dio fatto uomo

“Il Natale non finisce il 25 dicembre”, scriveva Chesterton nel 1935 sulle pagine della rivista Illustrated London News. Per lo scrittore inglese il fascino della festa dura altri 12 giorni, fino all’Epifania. In effetti i Magi sono parte integrante della Natività. Cinque stupende opere d’arte esposte a Milano in due sedi differenti ci testimoniano il senso più autentico del Natale, unito alla meraviglia dei Re venuti dall’Oriente – è anche il nostro stupore – e alla carità che s’è diffusa nel mondo a partire dai vagiti di quel Bambinello.
“Una delle bizzarrie dei nostri tempi sottosopra”, aggiunge il creatore di padre Brown, “è che sentiamo parlare molto del Natale prima del suo arrivo, e poi più niente, silenzio”, senza cogliere il dono che rappresenta. In realtà, come nota la Yourcenar, “per quasi tutti il Natale è una sosta calda e luminosa nel grigiore dell’inverno” o “un mesto ricordo infantile” (Herman Hesse). Niente più. Al punto che “più nessuno si ricorda di Dio” (García Márquez) e fa memoria di una nascita “che porta in sé la speranza del mondo”. Per recuperare il significato vero e profondo della venuta del Salvatore, il linguaggio dell’arte è un aiuto formidabile.
Di fronte alla Scala, nella sala Alessi di Palazzo Marino, cinquecentesca dimora nobiliare milanese sede del Comune, fino al 15 gennaio si possono ammirare, valorizzati da un allestimento originale e leggiadro, quattro intensi capolavori dell’arte toscana fra Trecento e Quattrocento, provenienti da altrettanti musei fiorentini e unificati dal titolo “La carità e la bellezza”. Si tratta di due Madonne con il Bambino, quella più serena e dolce di Filippo Lippi (datata 1466-1469), con un abbraccio semplice e tenero tra Madre e Figlio, e quella più malinconica di Sandro Botticelli (1498-1502), in cui la Vergine pare quasi presagire il destino di Cristo, che morirà in croce per noi. Completano il quartetto la scultura in marmo Carità (1320-1324) di Tino di Camaino, che raffigura una donna che allatta al seno due bambini, e il prezioso tabernacolo-reliquiario del Beato Angelico (1434 ca.), che ci offre nella parte superiore due soggetti sovrapposti su rilucenti fondali in oro damascato (l’Annunciazione e l’Adorazione dei Magi), mentre sulla predella è dipinta una Madonna con il Bambino in mezzo a dieci sante, da Caterina da Siena a sant’Orsola.
Nella cornice austera del chiostro di Sant’Eustorgio, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini ospita invece fino al 29 gennaio un capolavoro giovanile di Raffaello, la predella della Pala Oddi (1502-1504) proveniente dai Musei Vaticani. Realizzata con estrema maestria su un’unica tavola divisa in tre scomparti, presenta in sequenza tre episodi tra i più significativi della vita di Maria: l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio. L’opera dell’urbinate è ritenuta la più vicina al Perugino, perché ne riprende la dolcezza e la leggerezza della pittura e i paesaggi ampi e rasserenanti, che il giovanissimo artista appena ventenne assimila e arricchisce con un linguaggio altamente poetico. I tre episodi raffigurati presentano esiti innovativi, a partire dalle architetture presenti in ogni scena e dalla più marcata sensibilità per i rapporti spaziali. Nell’Annunciazione l’Angelo e la Vergine, pur lontani, sono protagonisti di un dialogo vivace e reale, nella scena centrale l’adorazione dei Magi si unisce con discrezione a quella dei pastori, nella presentazione al Tempio spiccano le emozioni e i sentimenti dei personaggi.
Un ruolo centrale in tutte le cinque opere in mostra (anche la Carità richiama la sovrabbondante maternità della Vergine) ricopre la figura della Madonna, “di speranza fontana vivace” (Dante), definita sin dai tempi dei Padri della Chiesa “madre dei viventi”. Grazie a Lei e al suo “sì” l’Eterno irrompe in un istante del tempo dando un senso a tutto il tempo, e di fronte a Lei e al Bambino si inginocchiano muti in adorazione sia i semplici di cuore come i pastori che i sapienti del mondo come i Magi. Le rappresentazioni di Maria hanno anche qui, come sempre, un valore teologico e pedagogico, di educazione alla fede, a cominciare dai colori degli abiti che indossa: il rosso del vestito indica la regalità, l’azzurro del mantello rimanda alla divinità del Figlio e alla pienezza di grazia. La prima raffigurazione artistica conosciuta della Vergine Maria risale al III secolo ed è un frammento di affresco delle catacombe di Priscilla a Roma: una Madonna con Bambino ritratta sotto una stella. Da allora è incalcolabile il numero di opere d’arte dedicate alla Madonna, al punto da diventare il soggetto universalmente più rappresentato della storia.
Un Natale da non dimenticare così facilmente quindi, nell’attesa dell’Epifania, festa che ci fa memoria dell’apparizione della luce di Dio in questo mondo, e in compagnia di grandi maestri e delle parole di Papa Francesco: “Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a guarire e a ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario” (lettera apostolica Admirabile signum, sul significato e il valore del presepe).
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