A presentare Arthur Melo all’Italia è stato idealmente Luiz Felipe Scolari: ex CT del Brasile con cui ha vinto il Mondiale del 2002, è stato ospite della trasmissione Si Gonfia la Rete su Radio Marte e, ricordando come sia stato lui a farlo esordire con la Seleçao, ha detto che è bravissimo a giocare nel corto, a uno-due tocchi. Poi ha aggiunto che nel Barcellona ha migliorato questa caratteristica, e che i tifosi della Juventus e gli appassionati nostrani non dovranno aspettarsi i lanci da 40 metri sul piede del ricevitore. In poche parole c’è tutto il nuovo acquisto della Juventus, in due frasi risiede uno dei motivi per cui i bianconeri si sono fiondati su di lui. L’altro, lo abbiamo evidenziato giorni fa quando cercavamo di accostare il brasiliano a Sandro Tonali, oggetto dei desideri dell’Inter: l’impellente necessità della Juventus – e del Barcellona – di operare plusvalenze, certificata dall’avvenuto scambio con Miralem Pjanic e dalla cessione del giovane Simone Muratore all’Atalanta.
ARTHUR MELO ALLA JUVENTUS, UFFICIALE
Arthur Melo è ufficialmente un giocatore della Juventus: resterà in Catalogna fino al termine di questa stagione, così come Pjanic concluderà il suo percorso bianconero. E’ curioso pensare come i due centrocampisti possano incrociarsi in un ipotetico turno di Champions League (magari in finale) già sapendo di doversi scambiare la maglia; intanto quello che interessa è che i bianconeri abbiano perfezionato il primo vero acquisto voluto da Maurizio Sarri, o che comunque ha un profilo che si sposa quasi alla perfezione con i dettami del tecnico toscano. Non era stato così per gli altri arrivi in casa della Vecchia Signora: Aaron Ramsey è un’operazione precedente la firma dell’ex allenatore del Napoli, lo stesso si può dire per Adrien Rabiot e se vogliamo anche Matthijs De Ligt, corteggiato fin da quando l’Ajax aveva fatto fuori Massimiliano Allegri dalla corsa alla coppa dalle grandi orecchie. Arthur invece, ad osservarlo sul campo, sembra tagliato con l’accetta per giocare in una squadra sarriana: quella che il mister in tuta aveva in mente anche quest’anno, ma che raramente ha davvero visto e/o è riuscito a plasmare.
Tocchi rapidi, circolazione veloce, non il lancio affettato o a parabola a tagliare il campo ma il pallone radente il suolo e sempre in movimento: questo è Maurizio Sarri, questo almeno è quanto faceva vedere a Empoli e Napoli. Dove non a caso aveva due metronomi, piuttosto che registi: Mirko Valdifiori e Jorginho, non il direttore d’orchestra roboante e fantasioso ma il playmaker rigoroso che sa sempre dove passare la palla. Lo abbiamo detto in più di un’occasione: oggi parlare di vertice basso di un centrocampo può voler dire tante cose, dalla genialità di un Pirlo alla disciplina di un Sergio Busquets. Ecco: noi siamo stati abituati a vedere Arthur sulla mezzala perché il perno centrale nel Barcellona è rappresentato dal numero 5, intoccabile perché unico (probabilmente nel mondo) a svolgere quel lavoro di distributore del gioco. Nel vero senso della parola: sempre in visione, con la possibilità di passare a destra o sinistra, avanti e indietro, ma con l’idea del rimbalzo della sfera a creare angoli che liberino uomini o campo. Naturalmente, il sistema funziona se tutti fanno la loro parte: il metronomo ha senso se chi vi suona sopra ne segue scrupolosamente il tempo, così da creare una sinfonia armoniosa e che sta in piedi. Arthur nel Brasile ricopre quel ruolo, quello che Jorginho aveva nel Napoli.
LE CARATTERISTICHE DI ARTHUR MELO
Per questo l’italo-brasiliano faticava con Rafa Benitez: nel 4-2-3-1 aveva molto più campo da coprire, dunque le capacità di accorciare sul possesso avversario, mettersi sulle linee di passaggio, intercettare e immediatamente smaltire e distribuire, venivano meno. Nel 4-3-3 di Sarri invece l’attuale volante del Chelsea si è trasformato in uno dei registi più apprezzati nel Vecchio Continente; Arthur a Barcellona è stato giocoforza spostato sulla mezzala come del resto ha dovuto accettare anche Frenkie De Jong. Del resto, i blaugrana hanno fatto del playmaker sull’interno una filosofia quasi di vita, passando da José Mari Bakero a Xavi Hernandez e, perché no, anche Andrés Iniesta che pure aveva caratteristiche diverse. Perciò, se vogliamo, Sarri nel brasiliano ha finalmente trovato il giocatore che cercava: adesso dovrà essere bravo a far capire alle mezzali, chiunque esse siano nella prossima stagione, che un Arthur può funzionare al massimo se intorno a lui il movimento senza palla è costante, non inteso come proiezioni offensive a scatti da 50 metri quanto come i passettini per mettersi in luce.
Funzionerà? Non è dato saperlo: come scrivevamo, soprattutto nel calcio moderno in cui gli spazi sono minori e la velocità di esecuzione nettamente superiore, è molto difficile che un calciatore da solo (a meno che non siamo nella categoria dei fuoriclasse, e non sono molti) faccia la differenza. Arthur non è certamente quel tipo di calciatore, ma è invece un elemento di qualità che può dare una svolta al centrocampo della Juventus. Certo: adesso per Sarri il compito è appena all’inizio, perché come detto dovrà creare una mediana che sappia muoversi in sincrono. Intanto però un primo tassello è stato messo: i tifosi bianconeri, che tanto hanno invocato la cessione di un Pjanic che non è diventato il metronomo che si prospettava all’inizio di questa stagione, sperano che il termine di paragone non diventi quello che lo stesso Sarri ha avuto con Massimiliano Allegri. Dagli hashtag #allegriout che ne auspicavano l’addio, con la ferocia passionale propria dell’appassionato febbrile, a quelli fiduciosi di un incredibile ritorno.