Lo hanno ucciso nell’atrio di casa sua, un lussuoso grattacielo di Mosca. Armen Sarkisjan, fondatore del battaglione ArBat, composto da persone anche con condanne per omicidio, assoldate per combattere al fianco dei russi, era un armeno trasferitosi nel Donetsk. Proprio nei territori occupati ucraini avrebbe cercato militari per il suo gruppo, che sarebbe stato pensato come una sorta di alternativa alla Wagner di Prigožin.
La responsabilità dell’attentato non è stata attribuita a nessuno ufficialmente, ma è chiaro che i sospetti vanno sull’intelligence ucraina, spiega Stefano Piazza, scrittore e giornalista esperto di sicurezza e terrorismo, non estranea anche ad altri attentati del genere. Anzi, per come è stato condotto e per il luogo scelto per entrare in azione, l’attentato dimostra un certo livello di organizzazione, tale da far presagire che ora si punterà a obiettivi anche più importanti rispetto a Sarkisjan.
L’attentato di Mosca non è il primo di questo genere verificatosi nella capitale russa. Rappresenta comunque una novità nella guerra con Kiev?
Il primo aspetto abbastanza rilevante è che gli attentati messi a segno dall’intelligence ucraina sono sempre più vicini alle élites di Mosca. Sarkisjan viveva in un complesso residenziale particolarmente prestigioso, le “Vele Scarlatte”, di lusso, considerato molto sicuro. Ed era seguito da diverse guardie di sicurezza: era un personaggio importante perché era il fondatore del battaglione ArBat.
Non era, quindi, un obiettivo semplice da colpire?
Si è trattato di un attentato dinamitardo, messo a segno da persone bene informate, che sapevano esattamente come si muoveva la vittima. Sono riusciti a entrare nell’edificio dove si trovava la sua abitazione e hanno nascosto l’esplosivo in un divanetto. Qualcuno ha azionato l’ordigno, mettendo a frutto probabilmente tutte le informazioni raccolte durante gli appostamenti. Sarkisjan era un obiettivo degli ucraini dal 2014 e alla fine sono riusciti a mettere in atto i loro progetti. La Russia, che mostra i muscoli in Africa, in Libia, che riceve Hamas, in realtà ha più di un problema a casa sua per quanto riguarda la sicurezza, come dimostra questo episodio nella sua città simbolo.
La matrice ucraina è sicura?
Faccio fatica a pensare a un’altra ragione. Quello realizzato nelle ultime ore non è comunque l’unico attentato che ha preso di mira ufficiali dell’esercito russo. L’elenco di questi episodi è lungo: sono stati uccisi dei generali, la giornalista Dar’ja Dugina, il blogger nazionalista Vladlen Tatarskij, ferito lo scrittore Zakhar Prilepin. Senza dimenticare gli attentati messi a segno nel Lugansk, nel Donetsk, in Crimea.
Sempre attentati dinamitardi?
Attentati o sparatorie. Le unità speciali impiegate dall’intelligence ucraina si muovono molto bene, dispongono di diversi uomini abili nello spostarsi in queste situazioni difficili. Credo che prima o poi colpiranno qualche altro personaggio, magari vicino a Putin, o tenteranno anche di colpire lui. Prima o poi succederà.
Tutto ciò significa anche che nei servizi segreti russi, invece, qualcosa non funziona?
L’ho sempre detto che nell’esercito russo, nei servizi segreti russi, c’è più di una cosa che non funziona. Basta pensare che ormai la guerra dura da tre anni e invece, secondo loro, doveva concludersi in due giorni. A dicembre, sempre a Mosca, era stato ucciso il generale Igor Kirillov, un altro pezzo da novanta nella gerarchia militare, che comandava le forze di difesa nucleare, chimica e biologica. Tra l’altro, si è trattato di un episodio simile a questo: in quell’occasione l’esplosivo era stato piazzato su un monopattino elettrico. Un altro fatto che dimostra capacità di pianificazione.
I russi non usano queste strategie per colpire il nemico?
Hanno tentato di prendere di mira Zelensky. Ci hanno provato almeno otto volte, ma non sono riusciti a portare a termine l’operazione. Già il giorno dell’invasione tentarono di arrivare a casa del presidente ucraino per ammazzarlo.
Se fossero stati gli ucraini, potrebbero avere avuto il sostegno delle intelligence occidentali?
Una cosa del genere potrebbe dirla solo la propaganda russa. Se gli ucraini devono compiere un attentato a Mosca, si muovono da soli, conoscono il teatro delle loro azioni. Per Kiev, comunque, Sarkisjan era ricercato da più di dieci anni, era sulla lista.
Visti i precedenti, questo potrebbe non essere l’ultimo attentato?
Sicuramente bisogna aspettarsi altri attentati, saranno sempre più arditi nell’individuazione degli obiettivi. Credo che questo genere di vendette durerà a lungo, anche dopo la guerra. L’odio che ha seminato il conflitto resterà per generazioni.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.