Dopo l'attentato a Washington Israele ha duramente attaccato i leader europei, accusandoli di aver fomentato l'odio del 30enne Elias Rodriguez
Com’era facilmente prevedibile, l’attentato a Washington nella tarda serata di mercoledì ha causato un’ondata di indignazione che dagli USA si è estesa fino all’Europa e – quasi ovviamente – è giunta fino a Israele, con i leader governativi che, in una serie di dichiarazioni pubbliche, sono arrivati a puntare direttamente il dito contro alcuni leader occidentali, accusandoli di aver fomentato l’odio alla base del gesto compiuto dal 30enne Elias Rodriguez: quest’ultimo – arrestato nell’immediatezza successiva dell’attentato a Washington – ha rivendicato in toto il gesto, senza opporre resistenza alle autorità e aiutandole anche a ritrovare l’arma del duplice omicidio.
Partendo dal principio, è bene ricordare che tutto sarebbe accaduto nella serata di mercoledì 21 maggio (in Italia era l’alba di giovedì), quando il 30enne ha aperto il fuoco contro un gruppetto di diplomatici israeliani sul marciapiede esterno del Museo Ebraico, uccidendo sul colpo il diplomatico Yaron Lischinsky e la fidanzata – si sarebbero sposati a breve – impiegata dell’ambasciata di Tel Aviv Sarah Milgrim: dietro all’attentato a Washington ci sarebbe una chiara matrice “antisemita” secondo il direttore dell’FBI, dimostrata anche dal grido di “Palestina libera” da parte di Elias Rodriguez; e mentre si indaga su quest’ultimo, gli è stata mossa l’accusa di omicidio ed ora potrebbe rischiare (come molto probabilmente avverrà) la pena di morte.
Israele attacca i leader europei dopo l’attentato a Washington: nel mirino Macron e Starmer, ma anche Carney
I contorni dell’attentato, insomma, sono ancora in via di definizione e servirà attendere che le autorità verifichino cosa riescono a trovare nell’abitazione e nei dispositivi elettronici di Elias Rodriguez per comprendere pienamente l’accaduto; mentre – come dicevamo prima – nel frattempo l’ondata di indignazione è arrivata fino in Israele, con il premier Benjamin Netanyahu che si è detto da subito scioccato dell’accaduto, relegandolo alla “selvaggia istigazione” contro gli ebrei e gli israeliani; il tutto poco prima di sentire telefonicamente l’omologo statunitense Donald Trump, che avrebbe offerto (in un riavvicinamento dopo alcune tensioni) pieno sostegno a Israele per la sua missione a Gaza di distruzione di Hamas.
Ancora più duri e dettagliati sono stati gli attacchi del ministro degli Esteri Gideon Sa’ar e dell’omologo del dicastero della Diaspora Amichai Chikli: il primo, infatti, ha parlato di “incitamento tossico contro Israele e gli ebrei” da parte dei “leader di molti Paesi, soprattutto europei”, e il secondo è arrivato addirittura a puntare direttamente il dito contro “Emmanuel Macron, Keir Starmer, Mark Carney”, accusandoli di aver “incoraggiato (…) le forze del terrore senza tracciare linee rosse morali”.
Parole – quelle di Chikli – che non sono piaciute a Parigi, con la portavoce del ministro degli Esteri Christophe Lemoine che le ha definite “oltraggiose e ingiustificate”, e al contempo né Starmer né Carney sono entrati nel merito dell’affermazione di Chikli, limitandosi a condannare l’accaduto e porgere le consuete condoglianze alle vittime; mentre poco più tardi – dopo la telefonata con Trump sull’attentato a Washington – è tornato all’attacco anche Netanyahu, accusando gli omologhi francese, britannico e canadese di essere “dalla parte sbagliata dell’umanità e della storia”.