Per i contribuenti che si domandano la prospettiva in merito all’aumento delle pensioni il 2026 potrebbe essere un buon anno. Dai primi report e gli estratti del Documento di Economia e Finanza si prevede un rialzo corrispondente allo 0,8%.
Non le stesse prospettive dei cedolini di maggio 2025, che sembrano molto più contenuti rispetto alle previsioni precedenti. A far cambiare le situazioni sono i primi dati ISTAT, che hanno mostrato un rialzo globale dei prezzi, soprattutto il comparto energetico, che desta molte preoccupazioni.
L’aumento delle pensioni è soggetto all’adeguamento
A decretare più o meno consistente l’aumento delle pensioni è il valore Ipca. Si tratta dell’indicatore dei costi per i consumatori che nel biennio 2025 e 2026 dovrebbe essere più calmierato, quanto all’adeguamento previdenziale dovrebbe essere migliore del precedente (fra l’1,6% e l’1,8%).
Ad arrecare tensioni e preoccupazioni generali sono i coefficienti di trasformazione. Essi si basano su un sistema di calcolo ben specifico e prevedono una riduzione dell’assegno che seppur sia “lieve”, è costante nel tempo.
Sui cedolini pensionistici del 2026 vigerà sempre la rivalutazione proporzionata all’importo previdenziale. Fino al 100% gli assegni che arrivano ma non superano di 4 volte la soglia minima, fino al 90% qualora il minimo sia tra le 4 e le 5 volte e 75% per le volte in eccesso.
Ricalcolo sulle misure assistenziali
Il nuovo conteggio che porterà ad un probabile aumento sui cedolini non è previsto soltanto per i trattamenti previdenziali ordinari, ma anche per quelli assistenziali. L’importo aggiornato dell’assegno sociale dovrebbe ammontare a 539,75€, mentre il trattamento civile a 336,66€.
Per i cedolini previdenziali minimi si starebbe optando per una percentuale più alta, che potrebbe variare tra il 2,2% e il 2,7%, corrispondendo di fatto a quasi 618€ oppure 620€.
Ma il conteggio della testata IlMessaggero scurisce le previsioni future dei prossimi pensionati, visto che uscendo dal lavoro nel 2025 si potrebbero perdere poco più di 450€ (nell’ipotesi di un lavoratore che nell’arco della sua vita ha versato 400.000€ di contributi previdenziali).
Una somma molto più bassa rispetto a chi invece magari ha ottenuto la pensione l’anno prima. Piuttosto che dei “coefficienti di trasformazione”, tali ribassi potrebbero equipararsi a dei “tagli”.