Aurora Tila potrebbe essere stata spinta dal tetto anziché essersi lanciata volontariamente dal terrazzo di casa: a fornire nuove importanti indicazioni sulla morte della 13enne a Piacenza dopo un volo di 7 metri, è l’autopsia. Le lesioni riscontrate sul cadavere sarebbero incompatibili con l’ipotesi del suicidio. La ragazza è morta subito a causa di un trauma cranico grave, ma sul corpo sono state individuate altre lesioni, tra cui sulle mani.
Per quanto riguarda le fratture, l’ipotesi del medico legale, a cui la procura di Piacenza ha affidato l’esame, è che la 13enne sia caduta all’indietro, probabilmente dopo una spinta, quindi non si sarebbe gettata in avanti, come invece accadrebbe in caso di suicidio. Un dettaglio di non poco conto, considerando che Aurora Tila non era sola sulla terrazza, ma con l’ex fidanzato di 15 anni, che ha poi allertato i soccorsi chiedendo aiuto ai vicini dopo la caduta della ragazza.
Infatti, sul posto sono arrivati carabinieri e sanitari, ma per la 13enne purtroppo non c’era più nulla da fare. Questi elementi raccolti dal medico forense avvalorano la ricostruzione emersa finora dall’indagine, che vede il 15enne accusato di omicidio volontario.
AURORA TILA, LA RICOSTRUZIONE DEGLI INQUIRENTI
L’ipotesi degli inquirenti è che Aurora Tila sia stata spinta e che abbia provato ad aggrapparsi alla ringhiera, ma l’ex fidanzato l’avrebbe colpita ripetutamente sulle mani per farla precipitare giù. Ciò è riportato nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti della ragazza che si trova detenuto nel carcere minorile di Bologna.
L’ex fidanzato di Aurora Tila continua a respingere le accuse, ma ci sarebbero alcune testimonianze importanti. Stando a quanto riportato dal Corriere, almeno due persone avrebbero assistito alla tragedia, anche se non erano vicine, mentre un’altra persona avrebbe sentito le urla disperate della ragazza. Ma soprattutto è stata vista aggrappata alla ringhiera proprio mentre il 15enne le sferrava dei pugni sulle mani per farla cadere.