L’Australia, che negli ultimi anni ha ridisegnato il proprio approccio alla difesa per far fronte a un ambiente geopolitico in rapida trasformazione, si trova oggi a dover affrontare un rallentamento nei suoi ambiziosi progetti di produzione missilistica, ostacolati dalla crescente domanda globale e dai problemi di approvvigionamento. Mentre il panorama mondiale si fa sempre più incerto, tra guerre in corso e tensioni latenti che serpeggiano tra le potenze, la corsa alla superiorità militare si intensifica, determinando scelte strategiche sempre più incisive.
La guerra in Ucraina, che ha portato a un’escalation della spesa militare europea, rischia di ostacolare i piani di Canberra proprio mentre il governo guidato da Anthony Albanese ha varato un programma senza precedenti di investimenti nella produzione di armi guidate e munizioni avanzate. Ma questa corsa agli armamenti è davvero la soluzione per garantire la sicurezza in un mondo sempre più instabile, o si tratta solo del preludio di una nuova era di conflitti su scala globale?
L’annuncio del governo laburista australiano di investire una cifra colossale – 74 miliardi di dollari australiani, equivalenti a circa 47 miliardi di dollari statunitensi – per rafforzare le proprie capacità belliche ha segnato un punto di svolta nella politica di difesa del paese. In particolare, 21 miliardi di dollari saranno destinati alla creazione di una “Guided Weapons and Explosive Ordnance Enterprise”, un’iniziativa che punta a sviluppare una filiera interna per la produzione di componenti missilistici avanzati.
Ma, nonostante l’entusiasmo delle autorità, il percorso appare pieno di ostacoli: i colossi dell’industria della difesa statunitense ed europea, come Lockheed Martin, Kongsberg e Raytheon, con cui l’Australia ha già siglato importanti contratti, faticano a soddisfare la domanda crescente a causa delle difficoltà nell’approvvigionamento globale di materiali critici e dell’accelerazione nella produzione di armamenti in risposta alla guerra in Ucraina, evidenziando come l’Australia punti a rafforzare la propria capacità di difesa, soprattutto lungo i confini settentrionali, per contrastare la crescente influenza cinese nella regione del Pacifico.
Australia tra ambizioni strategiche e sfide industriali: il sogno di un polo missilistico autonomo
Nonostante le dichiarazioni ottimistiche e la volontà di posizionarsi come attore autonomo nel complesso scacchiere della difesa internazionale, il piano australiano per lo sviluppo di una capacità produttiva locale nel settore missilistico appare ancora lontano dalla sua piena realizzazione, in quanto le difficoltà strutturali dell’industria locale, unite alle sfide della catena di approvvigionamento, potrebbero prolungare i tempi di implementazione, rendendo necessario il continuo ricorso alla fornitura estera.
La norvegese Kongsberg, ad esempio, ha annunciato che l’avvio della produzione in Australia del suo missile da attacco navale congiunto avverrà non prima del 2027, mentre il Dipartimento della Difesa ha ammesso che la costruzione di componenti chiave per questi sistemi d’arma richiederà tempo per raggiungere una scala produttiva significativa: “Fare un missile da zero con le capacità di oggi non sarebbe possibile, non possiamo farlo nemmeno in Norvegia, ci affidiamo a fornitori negli Stati Uniti e in Europa”, ha dichiarato Oyvind Kolset, vicepresidente esecutivo della divisione Missiles & Space di Kongsberg, lasciando intendere che la piena indipendenza produttiva australiana resta, al momento, un obiettivo ben lontano dal suo raggiungimento.
A complicare ulteriormente lo scenario già intricato vi è la concorrenza di altre nazioni che, spinte dall’urgenza di rafforzare le proprie difese, stanno assorbendo gran parte delle risorse disponibili sul mercato. E con le guerre in corso – in particolare quella in Ucraina – che hanno messo sotto pressione l’industria della difesa globale, spingendo molte nazioni europee e gli Stati Uniti a monopolizzare forniture essenziali per la produzione di missili avanzati, Lockheed Martin, già a lavoro per realizzare sistemi d’arma come i Guided Multiple Launch Rocket Systems (GMLRS) in Australia, ha sottolineato come la carenza di motori a razzo solidi negli Stati Uniti sia un problema persistente, destinato a riflettersi anche sui piani australiani.
Nonostante siano già state identificate almeno 60 aziende locali potenzialmente in grado di contribuire alla produzione missilistica, il processo di integrazione nella catena di approvvigionamento internazionale sarà graduale e non privo di ostacoli. La recente consegna dei primi sistemi HIMARS (High Mobility Artillery Rocket Systems) ordinati dall’Australia dimostra la volontà del governo di accelerare il potenziamento delle proprie capacità belliche, ma allo stesso tempo evidenzia la dipendenza dai fornitori stranieri, che risultano imprescindibili.
L’Australia, infatti, prevede di selezionare un secondo lotto di sistemi missilistici entro la fine dell’anno, con la possibilità di adottare il missile da attacco navale di Kongsberg montato su camion Bushmaster di produzione nazionale. Ad ogni modo, bisognerà attendere per vedere se il paese riuscirà davvero a realizzare il sogno di un’industria missilistica indipendente o se, invece, sarà costretto a fare i conti con le dinamiche di un mercato sempre più competitivo e dominato dalle grandi potenze militari.