Auto cinesi inarrestabili: boom importazioni ICE e delocalizzazioni aggirano dazi UE. Quota mercato 7%, verso 9% con prezzi aggressivi
Le importazioni di auto cinesi nell’ Europa occidentale hanno superato le 200.000 unità nel primo trimestre del 2025, raggiungendo per la prima volta una quota del 7% sul mercato totale, secondo i dati di Schmidt Automotive Research, una crescita sostenuta che, nonostante l’entrata in vigore dei dazi anti-sussidi da parte dell’UE nel quarto trimestre del 2024, appare inarrestabile e si proietta verso il milione di unità entro fine anno.
A spiegare questo aumento, più che una semplice resistenza commerciale, è una combinazione di fattori ben calibrati: da un lato, la riallocazione strategica delle esportazioni verso mercati più aperti come il Regno Unito, dove le barriere tariffarie non si applicano, dall’altro, il deciso orientamento verso i modelli termici (ICE), che non sono soggetti alle nuove restrizioni e hanno registrato un aumento dell’81% su base annua, mentre le auto elettriche (BEV) hanno visto una flessione.
Allo stesso tempo, marchi europei come Volvo e BMW hanno trasferito in Cina parte della produzione di modelli elettrici per poi reimportarli nel continente, aggirando, almeno in parte, le nuove regole e questo doppio movimento – l’avanzata delle termiche cinesi e la delocalizzazione europea – ha ridotto il peso dei BEV sulle spedizioni dalla Cina, sceso dal 65% al 35% in un solo anno.
Intanto, anche il contesto logistico gioca il suo ruolo: il calo delle tariffe per le navi PCTC, passate da 120.000 a 85.000 dollari al giorno grazie a una maggiore disponibilità di stiva, rende il trasporto più conveniente, accentuando la competitività dei modelli asiatici e rafforzando la loro presenza sul mercato europeo.
Industria sotto pressione: l’ascesa delle auto cinesi tra delocalizzazioni e ristrutturazioni
Nel frattempo, si ridefinisce la geografia dell’industria delle auto cinesi: se BYD sta pianificando l’apertura di uno stabilimento in Ungheria per aggirare i dazi (con l’impatto che sarà limitato rispetto all’aumento delle spedizioni ICE da parte di Geely, SAIC) nel frattempo, altri marchi come MG, con modelli come la MG5 o il SUV Coolray, stanno guadagnando terreno grazie a prezzi competitivi e a una tecnologia flessibile.
L’alleanza tra Stellantis e Leapmotor, che prevede la produzione in Polonia di modelli elettrici su piattaforma cinese, è un altro indice del cambiamento in corso e, intanto, le fabbriche europee soffrono in quanto impianti come quelli del Gruppo Volkswagen in Spagna che operano al 60% della capacità, con possibili ricadute occupazionali, ma la spinta delle auto cinesi è forte e si fonda su tre elementi principali: politiche di prezzo aggressive, versatilità tecnologica tra ICE e BEV, e logistica sempre più efficiente.
In assenza di una risposta strutturata a livello comunitario, la quota cinese potrebbe salire al 9% entro fine anno, mentre modelli ibridi o termici continuano a guadagnare spazio nei mercati determinanti come Germania e Francia, ma restano comunque delle incognite sul fronte normativo ed economico: nuovi dazi sulle componenti e un possibile rallentamento della domanda potrebbero cambiare gli equilibri, anche se il primo trimestre ha già mostrato come le auto cinesi abbiano saputo trasformare vincoli in vantaggi competitivi, costringendo l’Europa a ripensare struttura e direzione della propria industria automobilistica.