Secondo un rapporto del Laboratorio di scienza e tecnologia della difesa britannico (DSTL), – classificato come riservato e consegnato all’ex governo conservatore – le auto elettriche a zero emissioni potrebbero nascondere un lato oscuro: diventare strumenti di spionaggio per la Cina, grazie alla loro connettività integrata.
“Sono piattaforme mobili di sorveglianza”, ha dichiarato una fonte vicina all’amministrazione di Rishi Sunak, mettendo in luce come persino i modelli di auto elettriche prodotti in Occidente – ma assemblati con componenti cinesi – siano esposti a interferenze esterne.
L’allarme non è isolato – già durante la Guerra Fredda, i timori di microfoni nascosti nelle ambasciate alimentavano paranoie analoghe – ma oggi, il rischio appare maggiore: Pechino, leader indiscussa nel settore delle batterie e dei software per auto elettriche, detiene il controllo su un’enormità di dati sensibili – dalle conversazioni in cabina alle coordinate GPS – situazione che rischia di svuotare il concetto stesso di privacy.
“Qualsiasi dispositivo aggiornabile da remodo è un bersaglio”, avverte Luke de Pulford dell’Inter-Parliamentary Alliance on China, evocando scenari in cui le auto elettriche britanniche potrebbero trasformarsi in una cassa di risonanza per intelligence straniera.
Il paradosso è amaro: l’obiettivo di decarbonizzare la flotta governativa entro il 2027 – celebrato come un traguardo verde – si scontra con la necessità di proteggere segreti di Stato, come conciliare quindi l’urgenza climatica con la difesa della sovranità digitale?
Il Regno Unito sembra intrappolato in un dilemma senza uscita: “Se per essere ecologici dobbiamo regalare dati sensibili alla Cina, allora la politica va rivista”, insiste de Pulford, mentre alcuni esperti suggeriscono di rallentare la transizione per sviluppare filiere occidentali indipendenti, ma il tempo stringe, e il prezzo dell’esitazione potrebbe essere pagato due volte, in termini ambientali e di sicurezza.
Auto elettriche: il Regno Unito tra green deal e rischio spionaggio
Le auto elettriche, con i loro sistemi di navigazione, registratori vocali e sensori integrati, raccolgono un’enormità di informazioni – tanto da far definire i veicoli “archivi viaggianti” da alcuni analisti – e in questo scenario, il ruolo di Pechino non rassicura: le leggi locali obbligano le aziende a collaborare con i servizi segreti, rendendo ogni componente made in China un possibile cavallo di Troia.
Ma nonostante quante controversie, la corsa alle auto elettriche non può fermarsi: a tal proposito, alcuni propongono standard di sicurezza più severi, altri invocano accordi internazionali per regolamentare l’export tecnologico.
Intanto, il caso britannico lancia un avvertimento all’intero Occidente: la dipendenza da Pechino in settori strategici può diventare una zavorra pericolosa, ed essendo il dato il nuovo “petrolio“, chi lo controlla è in grado di tessere le fila del futuro: forse quindi, prima di salire su un’auto elettrica, dovremmo chiederci chi sale con noi.