#FORUMAutoMotive lancia l’ennesimo appello alla UE: aziende pronte a manifestare a Bruxelles per cambiare la direttiva sulle auto elettriche

Il mercato che a fine 2025 cala del 2%, i cinesi che avanzano, la profittabilità delle aziende a livelli troppo bassi (3%) per permettere di sostenere gli investimenti necessari ad affrontare le nuove sfide. Il mondo dell’automotive europeo e italiano guarda i suoi numeri, anche in termini di posti di lavoro persi, e si lecca le ferite. Ma ora ha davvero paura di un tracollo, tanto che gli stessi produttori sono pronti a farsi sentire a Bruxelles.



La crisi, infatti, è ormai in atto da tempo, anche per colpa delle sciagurate scelte della Commissione UE che ha vietato dal 2035 la produzione di auto che non siano elettriche, spianando di fatto la strada ai brand cinesi che si sono specializzati proprio sui modelli alimentati dall’energia elettrica. L’ennesimo grido d’allarme per un comparto che rischia un forte ridimensionamento arriva dal convegno “Automotive, quale futuro?” organizzato da #FORUMAutoMotive, promosso dal giornalista de Il Giornale Pierluigi Bonora. Politici, esperti e operatori del settore hanno disegnato un quadro poco confortante di fronte al quale Bruxelles non prende iniziative per paura che salti la maggioranza (che comprende i Verdi) che fa capo a Ursula Von der Leyen.



Il mercato italiano risente particolarmente di questa situazione, registrando livelli più bassi rispetto a quelli pre Covid: se allora la produzione arrivava a un milione di auto, infatti, oggi si attesta a meno della metà, con un livello di saturazione delle fabbriche intorno al 30% mentre quello europeo è del 55%.

“Il mercato è in uno stallo clamoroso -spiega David Giudici, direttore de “L’Automobile”- In Italia le macchine elettriche, considerate le auto del futuro, hanno numeri ridicoli, sono 330mila, meno delle Fiat 500, che sono 351 mila”. Che la situazione sia difficile lo dimostra anche la possibilità che il nuovo ceo di Stellantis Antonio Filosa rimandi a metà 2026 il piano strategico dell’azienda. D’altra parte nel comparto regna una grande incertezza, dovuta in particolar modo all’immobilismo della UE, che dopo aver varato una direttiva sulle auto green che dà futuro solo alle vetture elettriche non ha avuto ancora il coraggio di tornare sui suoi passi nonostante sia ormai evidente che proprio le decisioni europee stanno contribuendo a scavare la fossa all’automotive.



La volontà di farsi sentire è tanta, come ha confermato Maria Rosa Baroni, presidente di NGV, che riunisce le aziende che si occupano di carburanti alternativi: c’è la possibilità che si manifesti direttamente a Bruxelles per costringere la UE a prendere l’iniziativa.

Ursula von der Leyen (Foto: Youtube)

Non per niente il #FORUMAutomotive ha deciso di dare spazio anche alla politica, quella comunitaria, che si sta occupando di questi temi, ma anche quella locale che si fa portavoce delle aziende del settore. All’incontro, infatti, sono intervenuti Paolo Borchia, eurodeputato, coordinatore ID in Commissione ITRE, Fabio Raimondo, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Trasporti della Camera, e l’europarlamentare Carlo Fidanza. Le richieste di intervento giungono alla Commissione europea non sono solo delle aziende, ma anche dei governi, come è successo con la lettera inviata alla Von der Leyen dai ministri Adolfo Urso e Katherine Reiche, in rappresentanza dell’Italia e della Germania.

“Attenzione a non esagerare la portata della lettera – ha osservato Massimiliano Salini, eurodeputato in Commissione Industria UE appartenente al PPE, il partito maggiormente rappresentato a Bruxelles- Si tratta della lettera di due ministri, non di due Paesi. In Germania un altro ministro ha preso le distanze dall’iniziativa. Il ripensamento sulle politiche dell’automotive, comunque, deve riguardare l’intero settore, anche i veicoli pesanti. Finora, tuttavia, si registra una tragica resistenza della Commissione europea. La strada da percorrere è quella della negoziazione”.

Per uscire dalla crisi tutto il settore, insomma, attende iniziative concrete da parte della Commissione europea, che ha dato il via a un dialogo strategico con le componenti del settore, il cui prossimo appuntamento dovrebbe essere a dicembre. “Il prossimo dialogo strategico – osserva Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo della Regione Lombardia e presidente dell’Alleanza tra 40 regioni europee dell’automotive esclusa inspiegabilmente dagli incontri organizzati dalla UE- rischia di essere tardivo. Le scelte fatte non funzionano, si sono persi posti di lavoro e rischiano altre conseguenze negative dal punto di vista sociale. Il tema è che rischiamo di ottenere una mobilità sostenibile, rinunciando però alla nostra industria, a favore di quella cinese”.

L’appello è per una revisione radicale del Green Deal applicato all’automotive, scegliendo la neutralità tecnologica, dando quindi la possibilità, senza fornire assist alla Cina, di perseguire gli obiettivi ambientali che l’Europa si è data sulle emissioni delle auto orientando la ricerca anche in altre direzioni oltre a quella dell’elettrico, per esempio i biocarburanti. Ma c’è bisogno di fare subito qualcosa: già l’anno scorso si sono persi 100mila posti di lavoro. Andando avanti così c’è il rischio che sparisca tutto il settore automotive.

 

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