L’avarizia nei confronti del coniuge è reato, e in particolare è maltrattamento. Lo ha stabilito la Cassazione a partire dal caso di una coppia residente a Bologna, nella quale il marito costringeva la moglie a una condizione di “risparmio domestico” insostenibile per la donna. Sebbene la coppia non vivesse in difficoltà economiche, in quanto entrambi i coniugi percepivano uno stipendio, l’uomo imponeva alla moglie regole stringenti per la spesa e l’economia della casa, il tutto all’insegna dell’avarizia.
Come illustra la Cassazione nelle motivazione della sentenza, il marito obbligava la donna a fare la spesa in negozi “notoriamente a costo contenuto”, acquistando esclusivamente prodotti “in offerta, sia per la casa che per l’abbigliamento”. Un comportamento dispotico e dettato dall’avarizia che si manifestava anche tra le mura domestiche. Il coniuge infatti obbligava la donna a utilizzare “solo due strappi di carta igienica”, a fare la doccia “solo una volta a settimana” e rigorosamente recuperando in una bacinella l’acqua usata per lavarsi. Nella casa della coppia vigeva poi l’obbligo di usare soltanto un piatto e una posata durante ogni pasto e l’uomo, come spiega la Cassazione, non mancava di scagliarsi contro la moglie accusandola di essere una “sprecona”. Per questi motivi è stato configurato il reato di maltrattamenti nei confronti della donna.
Cassazione “avarizia con il coniuge è maltrattamento”: il caso
La Cassazione ha descritto i comportamenti dell’uomo nei confronti della moglie come “accompagnati da modalità di controllo particolarmente afflittive, tanto che la donna era costretta a buttare via gli scontrini, a nascondere gli acquisti, a lasciare la spesa a casa dei genitori, a chiedere alle amiche di dire che le avevano regalato qualcosa che aveva acquistato”. In sostanza, la donna era una vera e propria vittima di “un clima di sopraffazione e comportamenti vessatori” all’insegna dell’avarizia.
Questa dolorosa vicenda analizzata dalla Cassazione è emersa grazie alle amiche e al padre della donna, che hanno descritto come “da donna solare, in salute e aperta al futuro, in esito alla convivenza con il marito sia divenuta persona isolata, abbia perso le autonomie personali riducendosi progressivamente a persona affetta da disturbo post traumatico da stress” a causa dell’avarizia manifestata dal marito. I giudici hanno illustrato che nei primi tempi questo regime di estremo risparmio domestico era, se non condiviso, quantomeno tollerato alla donna. In seguito è però diventato “insopportabile” e l’avarizia dell’uomo si è trasformata in un reato condannato dalla Cassazione, che evidenzia come “tale stile di vita debba essere condiviso e non possa essere imposto, men che meno in quelle che sono le minimali e quotidiane esigenze di vita in casa e accudimento personale”.