La carriera di B.B. King è stata straordinariamente prolifica. E’ arrivato alla pubblicazione di ben 70 dischi ufficiali, tra cui 19 live e 10 raccolte, collezionando una serie impressionante di illustri collaborazioni: solo per citare alcuni dei nomi più importanti, U2, Ray Charles, Eric Clapton, David Gilmour, Jerry Lee Lewis, Phil Collins, John Mayer, Etta James, Gloria Estefan, Sheryl Crow, Elton John, Mark Knopfler, Van Morrison, James Brown, Tracy Chapman e la grande Aretha Franklin. Anche il numero di premi collezionati è stato straordinario, ben 15 Grammy conquistati a B.B. King, l’ultimo nel 2009 per il miglior disco blues dell’anno, il genere che l’ha consacrato come un maestro e che gli è valso l’inserimento, negli anni Ottanta, nella Blues Foundation Hall of Fame e nella prestigiosissima Rock and Roll Hall of Fame. L’album che gli è valso l’ultimo premio è l’ultimo della sua sterminata carriera, “One Kind Favor”, pubblicato nel 2008. (agg. di Fabio Belli)
LE INCURSIONI IN TV E AL CINEMA
B. B. King è diventato famoso anche per diverse incursioni ta televisione e cinema. Era apparso per la prima volta sul piccolo schermo in un episodio della seguitissima serie tv anni ottanta I Robinson, con protagonista Bill Cosby. Aveva interpretato il ruolo di Riley Jackson. Nel 1993 l’artista era stato protagonista di un cameo musicale nel film Quattro fantasmi per un sogno, dove interpretava proprio il ruolo di sé stesso. Nel 1998 invece aveva recitato nel capolavoro di John Landis, Blues Brothers: il mito continua. Interpretò il ruolo di Malvern Gasperon un rivenditore di auto usate. Da lui Elwood Blues acquistò la famosa Blues Mobile per circa 500 dollari. Sicuramente artista a 306° B. B. King era un personaggio che quando veniva trascinato sul palcoscenico attirava l’attenzione di luci e telecamere. (agg. di Matteo Fantozzi)
L’ASSOLO “IGNORANTE” CHE FECE LA STORIA DEL BLUES
Era il lontano 2015 quando precisamente su queste pagine Walter Muto provava ad insegnare a noi “ignoranti” qualcosa di più sullo stile di quell’eroe del Blues che da poco tempo se n’era andato a suonare musica in Paradiso: B. B. King aveva davvero una tecnica tutta sua, analizzata dall’autore a partire dallo show incredibile mostrato nel carcere di massima sicurezza di Sing Sing nel lontanissimo 1972. Per fortuna il video di quel concerto è disponibile su YouTube (qui sotto lo trovate, ndr) e si può notare la totale originalità del “tocco” e del “suono” prodotto da B. B. King: «una esecuzione che B.B. King stesso reputava una delle più importanti della sua intera vita, al carcere di Sing Sing nel 1972, in cui si comprende che il suo vocabolario (musicale) era tutt’altro che limitato. Sicuramente non conosceva la musica né possedeva scrittura e lettura musicale. Ma come si sa, il bambino impara a parlare prima che a scrivere. E talvolta il bambino (o il cuore bambino) sa far passare dei concetti in maniera semplice e diretta», scriveva Walter Muto analizzando l’assolo del grande B.B.. Non ci resta che godercelo… buona visione! (agg. di Niccolò Magnani)
IL VIBRATO E LA TECNICA DI B.B. KING
Una tecnica unica, riconoscibile in ogni angolo del mondo con quel Blues insegnato e amato come poco altro nella sua vita: B. B. King con la sua tecnica del vibrato ha ammaliato e attirato al mondo della musica migliaia e migliaia di nuovi appassionati. Un “gigante buono” lo hanno sempre definito chi si è imbattuto in lui sia durante i concerti che nei momenti di più tranquilla vita quotidiana: come spiega bene il CorSera, la tecnica del vibrato consiste nell’accarezzare le corde con una delicatezza unica, incrociando costantemente invece che seguire la lunghezza delle stesse corde di chitarra. «Dolce e leggiadro come un colibrì», lo hanno sempre definitivo pur con quelle manone dal passato duro del raccoglitore di cotone nei campi del Mississippi: proprio per questi motivi, la sua tecnica è stata poi successivamente definita hummingbird, per l’appunto “colibrì” in inglese. B. B. King è uno dei mostri sacri della musica mondiale ma con una storia dietro le spalle che se possibile rende ancora più commovente e incredibile il suo successo: dal cotone ai Grammy, nulla era impossibile per il “gigante buono”. (agg. di Niccolò Magnani)
B. B. KING E I 15 GRAMMY
Al ritmo di circa 300 concerti l’anno, B. B. King ha iniziato a rallentare la sua incredibile carriera solo dopo aver compiuto i 70 anni: attenzione, rallentare abbiamo detto, non certo fermare. Tra i 15 Grammy Awards ricevuti dagli anni Cinquanta fino al post-Duemila; l’ultimo è arrivato nel 2009 per il miglior disco blues dell’anno. Qualche anno prima altri prestigioso riconoscimenti vennero dedicati al grande B. B. King: nel 1984 inserito nella Blues Foundation Hall of Fame, poi tre anni dopo entra addirittura nella Rock and Roll Hall of Fame. Stiamo parlando di una leggenda, qualora ancora non l’avreste capito, e per questo venne scelto come “apertura” dei tour mondiali più iconici dei Rolling Stones e di Tina Turner. Stili diversi, generi magari opposti, ma che nel dolce blues dell’uomo dal Mississippi vi ritrovavano un unico fattore comune: la passione smodata e mai banale per la musica. Qui sotto anche grazie al Doodle di oggi potrete trovare una piccola sorpresa del grande “Beale Street Blues Boy”.. (agg. di Niccolò Magnani)
IL RITIRO DALLE SCENE DI B. B. KING
A B.B. King, l’uomo che con la sua chitarra Gibson ES 355 chiamata Lucille ha scritto la storia della musica rock e blues è dedicato oggi il doodle di Google. Una carriera lunga, iniziata nel 1949, all’età di 24 anni e terminata nel 2015, quando si spense all’età di 89 anni a Las Vegas. Per oltre 60 anni trionfò sui palcoscenici mondiali ma nell’aprile 2015 iniziarono i primi segnali di quello che sarebbe stato il suo triste epilogo. A causa del diabete del quale soffriva da oltre 20 anni, King fu ricoverato in ospedale. Dall’ottobre successivo iniziò a non esibirsi più al punto da cancellare il tour che stava compiendo dopo essere stato colto da un malore durante un suo spettacolo. Di lui il critico Francis Davis, nel libro dedicato alla storia del blues scrisse: “Il nome di King è sinonimo di blues, tanto quanto un tempo quello di Louis Armstrong lo era per il jazz”. Furono centinaia gli artisti che nel corso della sua carriera collaborarono con lui: Eric Clapton, Muddy Waters, Little Richard, Ray Charles, Albert King, Gary Moore ma anche Zucchero e Pavarotti, solo per citarne alcuni. E grazie alla canzone “When Love Comes To Town”, scritta con gli U2 e pubblicata nell’album Rattle and Hum King tornò a dominare anche la classifica negli anni Ottanta. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
STORIA DI UN UOMO E DELLA SUA LUCILLE
B.B. King compie oggi 94 anni. O meglio li compirebbe, perchè anche se il suono della sua Lucille non si è mai spento, lui ci ha lasciato nel 2015 dopo una carriera lunga e piena di successi. Che significa pieni di musica e passione, perchè B.B. King in fondo al successo non badava molto. Anche se la sua personalità non era certo di quelle che passano inosservate, con quella corporatura imponente e quella voce che sembrava risalire a fatica per la gola, graffiante e autorevole. Giacche sgargianti, bracciali e anelli d’oro, ad adornare polsi e dita guizzanti sulla chitarra, a far da contraltare alla monumentalità statuaria della figura di B.B. King, collocato al centro del palco su una sedia che – francamente – nessuno avrà troppo invidiato. Eppure musicalmente il peso di quell’uomo era leggero, e le smorfie iconiche che accompagnavano le note che si sprigionavano dalle corde della sua chitarra gli conferivano un che di fiabesco, quasi giocasse a meravigliare un pubblico di bambini. E di bambini di tutte le età in tanti anni ne meravigliò parecchi. B.B. King è stato anche inserito al sesto posto nella classifica (piuttosto discutibile per certi aspetti, a dire il vero) dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi a cura di Rolling Stone.
LE ORIGINI E IL SUCCESSO DI B. B. KING
Le origini del mito di B.B. King affondano le radici in quell’America nera da film, in una storia di affrancamento da una vita che pareva destinata ad aver poca differenza sostanziale con quella degli schiavi afroamericani. E infatti, B.B. King inizia a lavorare per una miseria, a cottimo, in una piantagione di cotone per poi cominciare a familiarizzare con la musica nel coro gospel della sua chiesa. Da allora la musica non lo abbandonò più anche se ci vollero ancora alcuni anni perchè arrivasse a prendere il soprannome di B. B. che lo farà diventare il B.B. King che conosciamo ancora oggi. Tutto merito di una radio di Memphis, la WIDA, che coraggiosamente per i tempi (ma forse aveva capito che stava nascendo qualcosa di importante) aveva deciso di trasmettere solo musica nera. B.B. King ne divenne un disk jockey e ciò lo portò dopo alcuni anni ad incidere con una etichetta di Los Angeles per arrivare poi alla consacrazione negli anni ’50. L’esplosione continuò fino agli anni ’70 e poi B.B. King iniziò a diradare le sue registrazioni, ma non le date dei live. E’ sempre stata l’esibizione dal vivo che non ha mai abbandonato, anzi è sempre stato il suo punto distintivo.