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Home » Economia e Finanza » Banche » Mediobanca » BANKITALIA/ Produttività, innovazione, energia low cost: la ricetta (industriale) di Panetta

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BANKITALIA/ Produttività, innovazione, energia low cost: la ricetta (industriale) di Panetta

Gianni Credit
Pubblicato 31 Maggio 2025
Il governatore Fabio Panetta durante la presentazione della Relazione annuale della Banca d'Italia a Palazzo Koch, Roma, 30 maggio 2025. ANSA/FABIO FRUSTACI

Il governatore Fabio Panetta durante la presentazione della Relazione annuale della Banca d'Italia a Palazzo Koch, Roma, 30 maggio 2025. ANSA/FABIO FRUSTACI

Nelle Considerazioni finali pronunciate ieri da Fabio Panetta c'erano indicazioni importanti per cercare di rilanciare la crescita

Molte parti delle Considerazioni finali 2025 erano attese, anche se il timbro Bankitalia di fine maggio va sempre annotato. Era nell’ordine delle cose che il Governatore Fabio Panetta si dicesse preoccupato per la guerra dei dazi scatenata dagli Usa di Donald Trump: con tanto di taglio di stima del Pil italiano fino a un punto percentuale. Era scontato un nuovo endorsement per gli eurobond: come veicolo non solo tecnico-finanziario, ma politicamente simbolico di una Ue che “non può star ferma”, ha spronato il numero uno di via Nazionale, che vanta un lungo cursus in Bce.


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Non è però mancato – né è parso in contraddizione – un appello al controllo dell’espansione del debito pubblico: non più solo quello italiano, ma ora quello europeo e globale. Non ha sorpreso neppure il ruolo rigoroso di regulator-vigilante sul settore bancario e assicurativo che Panetta ha rivendicato per palazzo Koch di fronte al complesso risiko in corso: che però – ha risottolineato il Governatore – aspetta anzitutto gli esiti delle diverse offerte pubbliche annunciate sul mercato.


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Dove le Considerazioni hanno acceso fari specifici – e abbastanza forti – sull’Azienda-Italia è stato sotto la voce “Produttività e innovazione”. Un’analisi densa, per nulla tranquilla o banale e non ha bisogno di letture o commenti particolari. “Negli ultimi trent’anni – ha scandito Panetta – la produttività del lavoro nell’Unione europea è cresciuta del 40 per cento, oltre 25 punti percentuali in meno degli Stati Uniti. Dal 2019 il divario si è ampliato: in Europa la produttività è aumentata del 2 per cento, contro il 10 negli Stati Uniti, dove è stata sospinta soprattutto dai settori a tecnologia avanzata. Questo ritardo riflette principalmente la difficoltà di innovare.


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In rapporto al Pil le imprese europee investono in ricerca e sviluppo la metà di quelle statunitensi. Gran parte di questi investimenti proviene da realtà attive da decenni in settori a tecnologia intermedia, come quello automobilistico; è invece debole l’apporto delle aziende giovani e innovative, che spesso scelgono di trasferire l’attività all’estero. Negli Stati Uniti, al contrario, il tessuto imprenditoriale si rinnova continuamente grazie a nuove imprese capaci di affermarsi nei mercati più dinamici; l’investimento in ricerca si concentra nei servizi digitali e ad alta intensità di conoscenza”.

Nonostante la rapida ascesa della Cina, l’Europa rimane un’eccellenza nella ricerca scientifica, alla pari con gli Stati Uniti in numerosi settori avanzati. “Questa forza – ha lamentato Panetta – non si traduce però in innovazione produttiva: i brevetti, soprattutto nel campo digitale, restano pochi. Nell’intelligenza artificiale, ad esempio, i brevetti europei sono meno di un quinto di quelli statunitensi, a fronte di un divario ben più contenuto, pari al 30 per cento, nella produzione scientifica”.

Siamo chiaramente oltre l’appello, siamo alla raccomandazione perentoria da parte di un policymaker europeo di lungo corso: “In Europa la spesa pubblica per ricerca e sviluppo è di entità paragonabile a quella statunitense, ma è frammentata tra Stati membri. L’assenza di un coordinamento efficace limita la possibilità di realizzare progetti su scala continentale”. E la crisi della produttività è alla base – ha detto senza troppi giri di parole il Governatore – della crisi delle retribuzioni reali: quindi del fattore scatenante di molte tensioni sociali.

L’industria, tuttavia, non ha torto – agli occhi della Banca d’Italia – quando denuncia un gap di competitività nel costo dell’energia. La manifattura italiana condivide con quella europea “un nodo irrisolto degli alti costi dell’energia. Dopo l’invasione dell’Ucraina, quelli sostenuti dalle industrie europee sono aumentati sensibilmente, ampliando il divario con le altre principali economie. Alla metà del 2024, il costo dell’elettricità risultava doppio rispetto a Stati Uniti e Cina, e superiore di un quinto rispetto al Giappone. Questo svantaggio penalizza gli investimenti e compromette la competitività, accrescendo il rischio di delocalizzazione. È necessario agire con determinazione per conciliare il contenimento dei costi energetici con il processo di decarbonizzazione”.

Se la Commissione europea ha recentemente proposto misure che vanno in questa direzione, tuttavia, ha avvertito Panetta, “una transizione efficace deve tener conto anche degli aspetti social e delle esigenze produttive, raggiungendo il giusto equilibrio tra ambizione e fattibilità”. Il tono è leggermente sfumato, ma rispecchia chiaramente il ripensamento in corso a tutti i livello della governance Ue sulle politiche green e quindi sull’utilizzo-ponte di risorse fossili in corso d’accelerazione verso la riaccensione del nucleare di nuova generazione.

Resta d’altronde determinato e perentorio l’appello-raccomandazione centrale nelle seconde Considerazioni firmate da Panetta: “L’economia europea ha bisogno di interventi rapidi e strutturali. Serve un programma di riforme basato sulle proposte già disponibili a livello europeo, sostenuto da risorse adeguate e scandito da tempi certi. Vanno eliminate le residue barriere interne alla circolazione di beni, capitali e persone. Occorre investire in tecnologia, infrastrutture comuni e settori ad alto potenziale di sviluppo. In un contesto globale instabile, la priorità è rafforzare l’autonomia strategica”.

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Tags: Fabio Panetta

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