La BCE ha pubblicato l’ultimo bollettino mensile con il resoconto dell’andamento economico dell’eurozona e le possibili previsioni dei tassi di inflazione e prezzi, includendo anche uno studio sull’impatto dei sussidi Covid erogati nel periodo della pandemia nel fenomeno dei rincari e della riduzione del potere d’acquisto. In particolare, come sottolinea un articolo di Bloomberg che ha visionato in anteprima il documento, la Banca Centrale Europea sostiene che le politiche fiscali portate avanti dai governi a sostegno delle famiglie nel biennio caratterizzato dall’emergenza sanitaria, e nel periodo immediatamente successivo all’inizio della guerra russo-ucraina, abbiano contribuito ad alimentare l’inflazione e a frenare la crescita economica.
Per analizzare questo aspetto, sono stati confrontati due differenti modelli, il primo con i dati reali relativi alla spesa per gli aiuti, compresi quelli sulle bollette che molti stati hanno introdotto dopo l’invasione russa a causa dei rincari dell’elettricità e del gas, il secondo con proiezioni simulate di uno scenario senza alcun sussidio o beneficio fiscale.
BCE: “Senza la spesa per i sussidi Covid e bollette, l’inflazione sarebbe scesa sotto il 2% già nel 2025”
Dalle proiezioni BCE per l’inflazione e l’aumento dei prezzi, pubblicate il 27 aprile, emerge che sono previsti ulteriori rincari, che perdureranno almeno fino al 2027. La Banca Centrale Europea ha infatti stimato nell’ultimo bollettino maggiorazioni pari allo 0,7% per quest’anno, allo 0,4% per il 2026 e allo 0,3 nel 2027. Tutto ciò, come si attesta nel documento sarebbe dovuto alla maggiore spesa sostenuta dai governi per i sussidi Covid e per quelli energetici, che sta avendo ancora impatto sull’inflazione. Nello studio che confronta i due scenari, quello reale e quello simulato senza alcun sostegno infatti, la BCE sottolinea una differenza sostanziale.
Senza lo shock causato da queste uscite improvvise, il livello si sarebbe mantenuto costante, mentre la neutralità sullo stop alla crescita si è effettivamente verificata solo quando le misure sono state ridimensionate dai governi dopo il 2022. Per questo motivo, se la spesa fosse stata ridotta, la previsione di una risalita del tasso di inflazione, anticipata anche nel bollettino trimestrale di marzo che mostrava un 1,9% nel 2026 per poi risalire nel 2027, sarebbe stata inferiore all’obiettivo del 2% in entrambi gli anni.