Benedetto XVI, un anno fa la morte del Papa Emerito/ Joseph Ratzinger, la tenerezza del Servitore di Dio

- Niccolò Magnani

Un anno fa la morte di Benedetto XVI, già cardinale Joseph Ratzinger: il ricordo di Papa Francesco, la grandezza del Papa Emerito e la testimonianza di tenerezza

ratzinger papa benedettoXVI 8 lapresse1280 640x300 Joseph Ratzinger (1927-2022), Benedetto XVI (2005-2013) (LaPresse)

31 DICEMBRE 2022, UN ANNO FA LA MORTE DEL PAPA EMERITO BENEDETTO XVI

«Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto Sabato 31 dicembre 2022, alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano»: con queste parole pronunciate al mondo dal portavoce del Vaticano, Matteo Bruni, un anno esatto fa venivamo a conoscenza della morte di Joseph Ratzinger, il grande Papa “filosofo” e “umile lavoratore della Vigna del Signore”. A quasi 10 anni dalla storica rinuncia con le dimissioni che portarono al Soglio Pontificio il suo successore, Jorge Mario Bergoglio, la Chiesa oggi celebra la memoria del Papa Emerito Benedetto XVI ad un anno esatto dalla scomparsa.

Amico e collaboratore fedele di San Giovanni Paolo II, Ratzinger venne eletto nel conclave del 2005 come Papa Benedetto XVI e resse la Chiesa negli anni difficili del terrorismo e degli scandali, contro la dittatura del relativismo che pose in quegli anni le basi per la secolarizzazione poi esplosa nel decennio successivo. Joseph Ratzinger si è lentamente spento 12 mesi fa dopo anni di malattia e vecchiaia: lascia un vuoto incredibile con i suoi 95 anni, quasi prossimi ai 96 il 16 aprile 2023. Dall’annuncio al mondo delle condizioni aggravate di Ratzinger il 28 dicembre scorso, per bocca dello stesso Papa Francesco, alla morte effettiva passarono solo tre giorni dove però la Chiesa mondiale venne “invasa” da messaggi di affetto e preghiere per il Santo Padre tedesco. Caratura dottrinale e filosofica tra le più eminenti della storia recente, Papa Benedetto XVI era però anche un tenero servitore della Sposa di Cristo, la Chiesa che in parte lo ha anche avversato sia durante che dopo la sua reggenza al Soglio Pontificio: «dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte», questo il suo primo umilissimo discorso tenuto il 19 aprile 2005 dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana.

IL RICORDO DI PAPA FRANCESCO PER LA NASCITA AL CIELO DI RATZINGER

Un umiltà sottolineata di recente da Papa Francesco nella Santa Messa in suffragio di Benedetto XVI e degli altri cardinali morti nell’anno solare 2023: «Dio cerca persone umili, che sperano in Lui, non in sé stessi e nei propri piani. Fratelli e sorelle, questa è l’umiltà cristiana: non è una virtù fra le altre, ma la disposizione di fondo della vita: credersi bisognosi di Dio e fargli spazio, riponendo ogni fiducia in Lui. Questa è l’umiltà cristiana». Il Pontefice ha poi sottolineato forse l’elemento più cruciale dell’intera testimonianza di fede maturata da Ratzinger nei suoi lunghi 95 anni di esistenza umana: «Quante volte ci ha ricordato che la fede non è anzitutto un’idea da capire o una morale da assumere, ma una Persona da incontrare, Gesù Cristo: il suo cuore batte forte per noi, il suo sguardo s’impietosisce davanti alle nostre sofferenze».

Per Benedetto XVI la fede non era nient’altro che la comunicazione che il Dio della vita si è fatto carne e uomo per incontrare il cuore di ciascuno di noi, per salvarlo pur mantenendo la sua irriducibile libertà: “Deus Caritas est” recitava la prima Enciclica di Benedetto XVI, un messaggio che rimarrà scolpito nei secoli come la definizione forse più semplice e bella del Divino. Gesù è amore, amore per l’uomo e amore per il mondo: «La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo», raccontava Ratzinger nell’omelia di Pasqua 2009.

L’OMELIA “INEDITA” DI BENEDETTO XVI SUL NATALE E LA TENEREZZA DI DIO

In questi giorni Mons. Georg Ganswein, già segretario particolare di Benedetto XVI ed ex prefetto della Casa Pontificia, è tornato in Italia per commemorare l’amico Joseph Ratzinger servito negli ultimi 20 anni: in preghiera a Roma sulla tomba del Papa Emerito e poi invitato all’Epifania nella parrocchia del Sacro Cuore di Bergamo per raccontare la sua personale testimonianza sulla vita del Santo Padre scomparso un anno fa. Ed è lo stesso mons. Ganswein ad aver concesso alcuni scritti e omelie private di Benedetto XVI – pronunciate durante le celebrazioni domenicali private nella Cappella del Monastero Mater Ecclesiae, il luogo dove ha vissuto Ratzinger dopo la rinuncia al Soglio Pontificio – al quotidiano tedesco Welt am Sonntag (collegato al Die Welt).

A ridosso del Natale in particolare è stata pubblicata un’omelia tenuta da Benedetto XVI per la IV Domenica di Avvento del 22 dicembre 2013: un racconto intenso dove la figura di San Giuseppe viene presa ad esempio nella storia di una umile e cosciente tenerezza nell’accettare il disegno divino anche se non da subito “chiaro” o “facile”. «San Giuseppe è un vero giusto, così in lui l’Antico Testamento diventa Nuovo, perché nelle parole cerca Dio, la persona, cerca il Suo amore, e tutta l’osservanza è vita nell’amore», scrive Papa Ratzinger nell’omelia da poco pubblicata. Un San Giuseppe uomo giusto per accompagnare la Madonna e il piccolo Gesù nel disegno di salvezza voluto da Dio: «è importante questa sensibilità verso Dio, questa capacità di percepire che Dio parla con me, e questa capacità di discernimento. Certo, Dio non parla normalmente con noi come ha parlato attraverso l’angelo con Giuseppe, ma ha i suoi modi di parlare anche con noi. Sono gesti di tenerezza di Dio, che dobbiamo percepire per trovare gioia e consolazione, sono parole di invito, di amore, anche di richiesta nell’incontro con persone che soffrono, che hanno bisogno di una mia parola o di un mio gesto concreto, un fatto. Qui occorre essere sensibili, conoscere la voce di Dio, capire che adesso Dio mi parla e rispondere».







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