Lo storico francese Bensoussan non ha dubbi: i suoi compatrioti hanno taciuto troppo a lungo sulle lamentele della società per paura di rinnovate rivolte: così facendo, la classe operaia e la classe media hanno perso da tempo la loro identità. L’analisi è nel suo libro “Les Territoires perdus de la République”, ossia “I territori perduti della Repubblica”, pubblicato nel 2002: la situazione oggi non sembra però diversa, nonostante spesso i problemi vengano negati. Georges Bensoussan, al Die Welt, parte proprio da questa riflessione: “È abbastanza ovvio che questa negazione è in gran parte responsabile della situazione attuale. È gestito dalla classe dirigente mantenuto e nutrito dalla “sinistra culturale” che in parte controlla i media in questo paese. E da ciò segue il paradosso che non ci sono mai stati così tanti contemporanei come oggi consapevoli della caduta di questa società. È quasi come se la classe politica fosse paralizzata dalla paura di una ripetizione delle> rivolte del 2005. La paura non potrà mai sostituire la politica da nessuna parte, eppure è quello che sta accadendo in Francia, e lo è stato per decenni”.
Bensoussan spiega che “La maggior parte dei politici vede il compromesso come un segno di una società matura, mentre i loro nemici lo vedono come un segno di debolezza. Qui si fronteggiano due diversi sistemi di valori, e il substrato socio-economico da solo non può spiegarci questa situazione, come fece il sociologo Hugues Lagrange durante le rivolte del 2005. Nonostante i discorsi sull’istinto del gregge, che lo vedono come una nuova forma di razzismo, bisogna considerare anche l’antropologia culturale per comprendere lo sfondo di questa crisi. L’odio per il paese ospitante – e l’Algeria è un ottimo esempio in questo senso – alimenta il risentimento e nega la legittimità delle autorità, anche se questo indebolimento del principio di autorità contribuisce alla deistituzionalizzazione della società in senso più ampio, come ha fatto di recente il compianto Pierre Lo chiamava Legendre”.
Lo studioso: “Così le classi inferiori vengono screditate”
Al Die Welt, Bensoussan prosegue analizzando anche il punto di vista della violenza giovanile: “Lo psichiatra infantile Maurice Berger ha passato più di trent’anni a occuparsi della violenza estrema tra i giovani di cui si prende cura nel suo ospedale. Ha queste società che operano secondo un “codice d’onore” e da cui provengono un gran numero di questi giovani in possesso di un senso di onnipotenza e di totale abbandono”. Eppure “La loro follia incontra un’altra follia: quella di un mondo in cui il consumismo senza limiti sembra essere l’unica trascendenza”. Secondo l’esperto, “Il ricatto dell’estrema destra ha reso impossibile dare un resoconto veritiero della realtà francese. E così nessuno parla della sorte delle ragazzine, delle donne single o divorziate negli insediamenti, l’identità dei responsabili degli stupri di massa è tenuta segreta, e c’è un imbarazzato silenzio quando si parla di razzismo verso neri, rom o asiatici , o anche l’antisemitismo che è una questione molto delicata in una parte di questo ambiente. Inoltre tacciono, un po’ imbarazzati, che in meno di vent’anni circa il 90 per cento degli ebrei di His-Saint-Denis se ne sono andati. Eppure, una volta che lasci la periferia e ti immergi nel mondo dei “quartieri veri e propri” eleganti, ascolterai infiniti dibattiti sui nostri ‘valori democratici'”.
Secondo lo storico francese, “Negli ultimi cinquant’anni, le classi lavoratrici e medie hanno visto la propria identità fatta a pezzi e, abbastanza spesso, ridicolizzata senza l’opportunità di esprimere il proprio disagio per essere taciuta con l’accusa di “razzismo”. Allo stesso modo, anche ogni altra parola di dissenso è stata messa a tacere. Gruppi sociali che si sentivano in colpa solo per voler continuare il loro stile di vita, e che poi percepivano molto rapidamente l’immigrazione che affrontavano quotidianamente come una minaccia esistenziale alla propria identità quando sentivano di essere maltrattati o spogliati di ogni controllo sul proprio destino. La loro identità: era il loro modo di vivere, i loro valori culturali o semplicemente la loro Francia, a cui sono profondamente legati, di cui poi vengono accusati di “razzismo”. E d’altra parte, questo antirazzismo, che si avvolge nelle vesti della bontà, contribuisce a screditare le classi inferiori. E quando l’integrazione non funziona per alcuni degli immigrati, la nazione francese, mestamente e “colpevolmente”, tace su se stessa, la sua storia, la sua cultura e ciò che la rende una nazione. Ciò che è patetico a questo proposito sono i sempre più frequenti proclami di repubblica, laicità e cittadinanza, evitando accuratamente la parola nazione”.