Bianca Pitzorno è una delle scrittrici per romanzi per ragazzi più famose, ma nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera, l’artista originaria di Sassari ha potuto vivere anche il magico mondo di casa Rai. E pensare che la sua prospettiva di vita quando era una bambina era decisamente diversa: «Io volevo fare il falegname», racconta la stessa Bianca Pitzorno in una bella intervista al Corriere della Sera «La mia vocazione era quella – ribadisce – il fratello di mio nonno faceva l’ostetrico. Il primo libro che lessi, a sei anni, fu un suo testo, parlava delle malformazioni dei neonati. Ebbene lui ad un certo punto cambiò mestiere e aprì una falegnameria. Alla sua morte volle farsi seppellire con gli attrezzi da lavoro».
Quella fu soltanto uno degli strambi personaggi, quasi da favola, che popolavano la sua infanzia: «Vogliamo parlare del mio bisnonno? – aggiunge la scrittrice – in famiglia lo chiamavamo “lo scienziato” perché aveva inventato una tecnica per conservare i cervelli a secco, senza formalina. Mio padre era un medico, forse da lui ho ereditato una certa concretezza. Sono nata nel 1942, non sono stati anni facili quelli della mia infanzia. Però li ricordo come anni felici, pieni di fantasia».
BIANCA PITZORNO: “NON MI SONO MAI SPOSATA PERCHE’…”
Un bisnonno completamente fuori di testa e una Sardegna post-bellica, gli anni dopo la seconda guerra mondiale, in cui non era semplice esprimere la propria arte: «Non era facile in quella Sardegna post bellica confessare di avere delle tendenze artistiche. Eravamo curiosi di tutto ma anche spaventati da tutto. In famiglia si parlava uno strano linguaggio, mutuato da Salgari, ma nessuno pensava alla scrittura come un possibile mestiere, figuriamoci. Per noi era un lessico normale. E anche le vicende dei tipi eccentrici della nostra genealogia, non avevano una qualità letteraria: erano personaggi familiari, persino il bisnonno detto “Catena”, perché matto da legare». Una firma di prestigio che ha lavorato anche in Rai con il grande Cino Tortorella, che però, secondo Bianca Pitzorno, è stato un po’ sminuito: «Lui era un intellettuale raffinatissimo, un esperto di cultura gastronomica, un uomo molto intelligente. E come lo si ricorda oggi? Come il Mago Zurlì. Io sono stata madrina dei suoi amori, dei suoi figli, dei suoi progetti». La scrittrice non si è mai sposata, ha sempre vissuto in qualche modo in solitudine, ma la sua è stata una scelta: «Non mi sono mai sposata perché non ho mai incontrato un uomo che in casa smettesse di essere maschio e aiutasse nelle incombenze quotidiane. Prendiamo la cucina: loro non cucinano, al massimo sono “artisti dei fornelli”. Oppure “eroi della lavatrice”, pronti a essere lodati quando lavano un calzino. No, per carità. Nella mia vita ho avuto degli amori, certo, ma nella solitudine scompagnata sto benissimo».