Una riforma che riguarda la scuola manda su tutte le furie i sindacati ed i precari, il personale ATA dopo anni di sacrifici vedrà cancellare le graduatorie
Una svolta storica per la scuola nel reclutamento del personale ATA è ormai alle porte, ma la riforma scatena polemiche e rabbia tra sindacati e lavoratori precari.
Qualcosa di grosso sta accadendo nel mondo della scuola italiana, e stavolta non si tratta di orari scolastici, programmi ministeriali o riforme didattiche. Il cambiamento riguarda chi la scuola la fa funzionare ogni giorno, spesso nell’ombra: il personale ATA.
Assistenti amministrativi, tecnici, collaboratori scolastici. Figure fondamentali, ma troppo spesso dimenticate, che adesso si trovano di fronte a una rivoluzione vera e propria. Una riforma che cambia tutto, a partire dal modo in cui si accede e si viene stabilizzati nel sistema pubblico dell’istruzione.
Precari e sindacati sul piede di guerra
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, insieme a quello della Pubblica Amministrazione, ha deciso di riscrivere da capo le regole del gioco. Il nuovo modello di reclutamento abolisce il meccanismo che permetteva ai supplenti di lungo corso, presenti da anni nelle graduatorie provinciali, di essere assunti a tempo indeterminato quasi per anzianità o mera permanenza nel sistema. Una consuetudine che, pur non essendo mai stata un automatismo ufficiale, aveva rappresentato l’unica via concreta per migliaia di lavoratori precari. Ora, invece, tutto questo sparisce.
Secondo quanto previsto dalla riforma, l’assunzione a tempo indeterminato avverrà esclusivamente tramite concorsi pubblici, per titoli ed esami. Non più scatti naturali, ma selezioni vere e proprie, organizzate su base regionale o nazionale, a seconda del profilo professionale. Un cambiamento che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe garantire meritocrazia, trasparenza e uniformità nei criteri. Però, e qui viene il nodo, il mondo ATA non ha preso bene questa svolta. Anzi, la reazione è stata immediata e rabbiosa.

Senza ombra di dubbio, il punto più contestato è l’esclusione totale delle graduatorie provinciali come canale di stabilizzazione. In altre parole, chi ha anni di esperienza alle spalle e sperava in una conferma a tempo indeterminato, dovrà ricominciare tutto da capo, competere in concorsi pubblici, spesso con prove teoriche che poco hanno a che fare con la realtà quotidiana di un collaboratore scolastico o di un assistente tecnico. E come se non bastasse, a complicare tutto c’è la questione dei corsi di aggiornamento.
Così cancellano anni e anni di sacrifici
Sì, perché molti lavoratori precari, con la speranza di migliorare il proprio punteggio in graduatoria, hanno frequentato corsi a pagamento, autofinanziati, spesso in orari serali o nei fine settimana. Alcuni di questi quest’anno erano del tutto obbligatori per la permanenza in graduatoria. Investimenti in termini di tempo e soldi che adesso rischiano di essere completamente vanificati. Il nuovo sistema non prevede punteggi di riserva per chi è in graduatoria da tempo, né riconoscimenti per l’esperienza maturata in servizio. Tutto azzerato, tutto da rifare.
I sindacati non sono rimasti a guardare. Diverse sigle hanno già annunciato mobilitazioni, ricorsi e azioni legali. La tensione è alta, anche perché la riforma arriva in un momento delicato, con il sistema scolastico ancora alle prese con problemi cronici di organico e con una precarietà strutturale che colpisce non solo i docenti, ma anche e soprattutto chi lavora dietro le quinte. La sensazione è che si voglia dare un colpo di spugna al passato senza considerare il costo umano e sociale della scelta.
Questa riforma, infatti, non è solo una questione di procedure. È un cambio culturale. Da un lato, si cerca di premiare il merito e di rendere il sistema più aperto e competitivo. Dall’altro, però, si rischia di cancellare anni di sacrifici e di spingere fuori dal sistema migliaia di lavoratori che hanno tenuto in piedi le scuole, spesso in silenzio, nei corridoi e negli uffici. E questo, per molti, è inaccettabile.