Il futuro della birra è a rischio, proprio come quello dell’acqua frizzante che ormai da diversi mesi è introvabile sugli scaffali dei supermercati. Il motivo è da ricondurre al fatto che le aziende stanno interrompendo oppure diminuendo la produzione a causa dell’elevato costo dell’anidride carbonica, che sta alla base delle cosiddette “bollicine”. L’industria delle bevante, in virtù di ciò, si trova ad un vero e proprio bivio.
Le alternative, come riportato da Repubblica, sono due: da un lato dire addio a tutto ciò che viene prodotto con quantità elevate di CO2, dall’altro lato aumentare i prezzi ai danni dei consumatori. Alcune aziende hanno già deciso: quella che produce l’acqua Sant’Anna ha detto di interrompere del tutto la produzione di quella frizzante. Per la birra, però, la questione è un po’ più difficile, dato che non c’è una vera e propria alternativa che azzeri l’utilizzo di anidride carbonica. L’unica salvezza è rappresentata da quelle bevande le cui bollicine sono il risultato della fermentazione e che sono meno dipendenti dunque dal biossido di carbonio.
Birra, futuro a rischio come acqua frizzante: è crisi per scarsità di CO2
La crisi dell’anidride carbonica sta dunque continuando a mietere delle vittime: dopo l’acqua frizzante, adesso anche la birra è a rischio. In molti si stanno domandando per questo motivo cosa sorseggeranno nei prossimi mesi davanti al televisore durante una partita di calcio. La verità, però, è che non è soltanto il settore del food & drink a tremare.
La CO2 infatti viene utilizzata in innumerevoli industrie. Oltre a quella alimentare, come riportato da Repubblica, ci sono ad esempio quella chimica, per quanto riguarda il ciclo di produzione di fertilizzanti, e quella medica, per ciò che concerne la produzione di farmaci, dato che ha caratteristiche che impediscono la proliferazione dei batteri. Infine, è anche componente fondamentale di molti estintori in commercio.