Ilda Boccassini sull'esperienza nel pool anti mafia della procura di Palermo: "Clima ostile, andai via dopo sei mesi, indagare era diventato impossibile"
L’ex Pm di Milano Ilda Boccassini, che per un breve periodo successivo alla morte di Paolo Borsellino era stata trasferita presso la Procura di Palermo, è stata interrogata nell’inchiesta sull’omicidio che sta cercando di scoprire chi furono i veri mandanti e il movente, alla luce degli insabbiamenti scoperti nei fascicoli riguardanti la pista mafia-appalti. Una importante testimonianza scritta che proverebbe l’andamento delle indagini del pool sul caso e le irregolarità, era stata prodotta proprio a giugno 2025 dalla stessa ex magistrato, che nel documento spiegava come fosse diventato impossibile lavorare con i colleghi, che avevano creato intorno a lei un clima ostile, arrivando a considerarla quasi una “nemica“.
Parte della relazione è stata pubblicata sul quotidiano La Verità, un verbale nel quale emerge chiaramente le descrizione dell’esperienza definita “traumatica” perchè non venivano rispettate le norme di trasparenza nei procedimenti, che risultavano pieni di anomalie. Tra questi anche quello di Giuseppe Pignatone, ora accusato di favoreggiamento per aver ordinato la smagnetizzazione delle bobine con i nastri delle intercettazioni delle conversazioni tra boss e imprenditori del settore immobiliare.

La relazione di Ilda Boccassini sulle irregolarità dei procedimenti del pool anti mafia di Palermo
Dal verbale di Ilda Boccassini, prodotto per testimoniare le irregolarità dei procedimenti condotti dal pool antimafia di Palermo dopo l’omicidio di Paolo Borsellino, emerge anche che la volontà di andare via dall’ambiente nel quale era diventato difficile lavorare, era condivisa anche dal collega Roberto Saieva, che poi collaborò a scrivere la relazione per indicare tutti i particolari che costituivano anomalie nei fascicoli. Non solo quello sulla strage di Via D’Amelio, ma anche “Sistemi Criminali“, l’indagine avviata da Roberto Scarpinato per scoprire i legami tra associazioni di stampo mafioso e i poteri statali e identificare i veri mandanti delle stragi .
In particolare contestando il mancato accesso agli atti completi per la valutazione della procedura, ma anche nelle modalità di indagine sui sospettati, ad esempio facendo riferimento all’acquisizione dei tabulati telefonici di Marcello dell’Utri, ai quali la Procura aveva avuto accesso anche se la persona coinvolta non era stata ancora formalmente iscritta.
Ilda Boccassini: “Io e Saieva decidemmo di andare via da Palermo perchè indagare era diventato impossibile”
La relazione di Ilda Boccassini sul lavoro del pool anti mafia della Procura di Palermo nel periodo successivo a marzo 1995, confermerebbe i numerosi sospetti sulle omissioni ed insabbiamenti nelle ricostruzioni dei rapporti tra mafia e Stato e nelle inchieste sull’omicidio Borsellino. L’ex magistrato aveva infatti iniziato a dubitare della regolarità con la quale venivano effettuati i procedimenti, mettendo poi per iscritto in un rapporto dettagliato, tutti i particolari che risultavano anomali, compresa l’inattendibilità di alcune dichiarazioni utilizzate nel corso dei processi.
Tuttavia, le indagini proseguirono senza dare particolare credito alle testimonianze, tanto che, come confermato dalla stessa ex Pm, sia lei che il collega Saieva, decisero di abbandonare dopo soli sei mesi. Una scelta presa proprio a causa del clima ostile che si respirava all’interno del team di collaboratori, ma soprattutto perchè veniva sistematicamente negata la possibilità di gestire le strategie di investigazione, nonostante le responsabilità fossero state già assegnate, ma come ricorda Boccassini: “Io e Saieva decidemmo di andarcene perché non ci veniva consentito di lavorare, poiché tutto veniva concentrato sul processo Andreotti e su Sistemi criminali“.
