I bond ibridi rappresentano un mercato ancora in espansione e in molti si domandano per questo motivo cosa sono e come funzionano. Al momento, come riportato dal Corriere della Sera, ci sono 122 emittenti a livello globale e la valorizzazione è pari a circa 200 miliardi di euro. Gli esperti sostengono però che il valore potrebbe crescere in maniera esponenziale nei prossimi anni, dato che il rendimento offerto è quasi doppio rispetto al 4,1% del Btp.
In particolare, si tratta di obbligazioni emesse dalle società che vogliono finanziarsi sul mercato del reddito fisso e dunque subordinate, per cui in teoria più rischiose di quelle senior. In realtà, però, ciò potrebbe essere un vantaggio. “In quanto strumenti emessi da società con rating investment grade, questo è molto spesso più alto di quello dell’Italia e quindi con una probabilità di default più bassa”, ha spiegato Antonio Serpico, senior portfolio manager di Neuberger Berman. “Noi abbiamo il più grosso fondo specializzato sulle obbligazioni ibride, con asset in gestione per circa 2 miliardi di euro. Nel 2021 il fondo aveva un rendimento dell’1,8%, che nel giro di un anno e mezzo è quadruplicato, arrivando al 7,4%”.
Bond ibridi, cosa sono e come funzionano: la spiegazione
I bond ibridi si collocano più in basso nella struttura del capitale, dopo le obbligazioni senior e prima dell’equity. Il funzionamento è simile a quello degli AT1, ma con alcune caratteristiche distintive. “Sono obbligazioni perpetue (senza scadenza, ndr), o con scadenze molto lunghe, oltre i 50 anni, e sono solitamente richiamabili dopo 5 anni dall’emissione (la società le ritira dal mercato rimborsando a valore nominale i sottoscrittori, ndr). E se lo strumento non viene richiamato scatta la cosiddetta clausola di step-up, che prevede un aumento della cedola corrisposta agli obbligazionisti. Un modo per dissuadere l’emittente a non richiamarle”, ha rivelato ancora Antonio Serpico al Corriere della Sera.
Il rischio reputazionale è per cui alto. “A differenza dei subordinati bancari, infatti, le obbligazioni ibride godono del cosiddetto equity credit, essendo contabilizzate dalle agenzie di rating al 50% come debito societario e al 50% come capitale. L’impatto sulla leva finanziaria, quindi è dimezzato. Ma se l’opzione di richiamo non viene esercitata alla prima data possibile, la società perde l’equity credit su tutto il debito ibrido esistente e di conseguenza vedrebbe schizzare la sua leva”, ha concluso.