Il bonus in busta paga nel 2025 è una misura che aiuta a incrementare la retribuzione alla fine del mese e, soprattutto, viene garantito ai contribuenti che, pur potendo uscire dal lavoro anticipatamente (con la Quota 103 o la Fornero), decidono di restare ancora un po’.
Proprio recentemente l’incentivo Maroni ha ampliato i beneficiari, allo scopo di «convincere» sempre più lavoratori a rinunciare al pensionamento anticipato e prediligere l’attività lavorativa. Ma la domanda è: qualora si cambiasse lavoro, l’opportunità resterebbe sempre valida?
Il bonus busta paga 2025 resta pur cambiando lavoro?
Nel momento in cui si ottiene il bonus in busta paga e viene riconosciuto nel 2025, l’incentivo economico può essere percepito pur cambiando lavoro, e la comunicazione è a carico dell’INPS, che si occuperà di notificarlo al nuovo datore di lavoro. Infatti il servizio utilizzato dall’ente è la «Comunicazione bidirezionale», e prevede che il nuovo datore venga informato dell’esenzione contributiva esclusivamente a carico del dipendente, e non della quota IVS che dovrà essere versata regolarmente dall’azienda che lo ha assunto.
In caso di revoca, l’opzione può essere richiesta soltanto una volta e verrebbe approvata dal 1° giorno di retribuzione e successivamente all’invio della domanda.
Come funziona l’incentivo in busta paga
L’incentivo erogabile in busta paga non è altro che una misura ideata al fine di far rinunciare il lavoratore al pensionamento anticipato. Il vantaggio, almeno a primo acchito, del dipendente è di natura economica, visto che potrà trattenere il 9% circa e anche l’8% dei contributi per il settore privato e pubblico. Quest’anno la novità più importante sta nella contribuzione esente da imposte, ovvero accantonare la parte che il lavoratore avrebbe pagato originariamente, ma in più l’eccesso in busta paga non sarà imponibile (dunque non è soggetto ad alcuna tassazione).
Attenzione, tuttavia, agli effetti «collaterali» della misura, dato che, se è pur vero che si prospetta un aumento dello stipendio, è altrettanto vero che, riducendo il coefficiente di trasformazione, l’assegno pensionistico in futuro potrebbe essere più basso.