I BALCANI (TORNANO) NEL CAOS: LA PROCURA DELLA BOSNIA CHIEDE L’ARRESTO DELLO STATO MAGGIORE DELLA REPUBBLICA SRPSK
Se già a livello internazionale lo scontro fra Unione Europea e Russia è ai massimi storici, l’ulteriore caos politico generato in questi giorni all’interno della già difficile situazione interna della Bosnia Erzegovina non fa che aggiungere “benzina sul fuoco” di un quadro generale che nei Balcani è tutt’altro che risolto definitivamente dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia.
La novità di giornata – anzi, di questo inizio mese visto che le prime avvisaglie si erano avute già la scorsa settimana – riguarda la richiesta della Procura di Sarajevo circa la messa in arresto del Premier, del Presidente del Parlamento e dello stesso Presidente della Repubblica di Srpska (RS), una delle due enclavi in cui è suddivisa lo Stato della Bosnia (l’altra è la Federazione bosniaco-croata, la Fbih).
Il leader serbo (e filo-russo) Milorad Dodik, assieme al Premier Radovan Viskovic e al responsabile del Parlamento della RS Nenad Stevandic, sono accusati di attentato all’ordine costituzionale contro la Repubblica di Bosnia Erzegovina (BiH), ma tutti e tre i diretti obiettivi dei giudici non si sono presentati alla convocazione per rispondere delle accuse contestate loro. Se già i rapporti in Bosnia tra le enclave serba, croata e bosniaca non venivano date in grande “salute” negli ultimi anni – la guerra in Kosovo, lo scontro con la Serbia e le distanze tra filo-UE e filo-Russia – la richiesta di un referendum per riconoscere l’indipendenza della Repubblica Srpska ha fatto probabilmente degenerare i rapporti già molto complessi con il Governo di Sarajevo.
A fine febbraio poi la “miccia” da cui parte l’ultima mossa giuridica: Dodik viene condannato per non aver rispettato le decisioni dell’Alto Rappresentante per la Bosnia (il tedesco Schmidt, ndr) sul rispetto degli accordi di pace dopo la guerra 1992-1995 che portò oltre 100mila morti nel Paese balcanico: la polizia federale «non dovrà agire e so che non lo farà», aveva detto lo stesso Presidente della RS a commento della sentenza dalla sua residenza a Banja Luka. In sostanza il leader filo-russo contesta alla Bosnia di volersi muovere a livello politico sul piano interno, mentre la creazione della BiH riguarderebbe solo il piano internazionale, come rivendica anche il premier di Srpska Viskovic.
Ma il leader filo-serbo con simpatie a Mosca ha fatto scattare le indagini della Procura per il fatto che in Parlamento è in discussione una nuova Costituzione che prevede, tra i vari articoli, anche il diritto dell’autodeterminazione così come la possibilità di formare nuove confederazioni con Stati limitrofi. La Bosnia teme che Dodik punti alla riunificazione con la vicina Serbia, privando Sarajevo di una delle due entità decise a livello internazionale.
È DI NUOVO RUSSIA VS NATO: DI COSA È ACCUSATO DODIK E QUALI SCENARI SI APRONO
L’unica certezza al momento dell’intricatissima vicenda interna ai Balcani è che nessuno dei tre politici della Repubblica di Srpska ha intenzione di consegnarsi alla richiesta di arresto immediato: «non lascerò mai la mia Republika Srpska, questa è una persecuzione politica», lamenta il Presidente Dodik dopo la richiesta giunta da Sarajevo. La posizione del leader serbo è che non vi sono leggi né disposizioni nella legge in Bosnia Erzegovina che possano portare all’accusa di Dodik, Viskovic e Stevandic: a sostenere la loro causa anche il Premier serbo dimissionario e uscente Milos Vucevic da Belgrado, «l’arresto di Dodik porterebbe la guerra civile».
Il fatto che nelle stesse ore il Segretario Generale della NATO Mark Rutte fosse in visita a Sarajevo fa immediatamente riscattare lo scontro a distanza, mai domo sull’Ucraina e non solo (vedasi il caso Georgescu in Romania, ndr), tra Unione Europea e Occidente contro la Russia di Putin: il Cremlino infatti lamenta un trattamento persecutorio contro la Repubblica di Srpska e il leader Dodik, mentre di contro l’Alleanza Atlantica sostiene la piena integrità territoriale della Bosnia, «inaccettabile qualsiasi azione che minaccia l’Accordo di Dayton siglato nel 1995» per porre fine alla guerra balcanica.
Il presidente della Serbia in carica, Vucic, minaccia il Governo bosniaco che non accetteranno mai l’arresto del Presidente Dodik che un’azione del genere della Procura di Sarajevo mina pericolosamente la tenuta della pace nella regione: come spiegava lo stesso leader filo-russo in una intervista a “La Repubblica” lo scorso 3 marzo, dopo la sentenza uscita dal Tribunale (che lo condannerebbe ad 1 anno di carcere e 6 anni di interdizione dagli incarichi pubblici), il verdetto non è accettabile in quanto un mero sentenziare politico «di una Procura creata solo per processare i serbi».
Dodik spiega di non voler affatto la secessione dalla Bosnia, ma di comporre una nuova Costituzione e creare un esercito locale. Dopo la conferma oggi della sentenza a Sarajevo, il Parlamento della RS ha approvato in urgenza una legge che di fatto respinge qualsiasi autorità della giustizia e delle forze dell’ordine della BiH centrale.