Brexit ha fatto bene al Regno Unito/ Disoccupazione e inflazione giù, crescono salari

- Alessandro Nidi

La Brexit non ha affossato il Regno Unito come da più parti ci si aspettava all'inizio: lo testimoniano i dati Ocse e un report a cura della Bce

granbretagna brexit festa 1 lapresse1280 640x300 Festa per la Brexit (LaPresse)

Il Regno Unito non è stato affossato dalla Brexit, come in passato si gridava da più parti. Al contrario, la situazione economica dello UK è addirittura migliore rispetto a quella di molti Stati dell’Unione europea. Basta dare un’occhiata ai recenti dati statistici per avere piena contezza del fenomeno. A diffonderli è stato l’Ocse, che ha evidenziato come, ad esempio, a gennaio l’inflazione in Gran Bretagna sia diminuita (dal 10,5 al 10,1%), mentre i salari, nell’ultimo trimestre del 2022, sono cresciuti addirittura del 6,7 per cento.

E se, sotto il profilo del Pil, il Regno Unito sta ancora assorbendo il colpo della pandemia di Coronavirus, va segnalato altresì – e in questo caso lo fa il quotidiano “Libero” (edizione di martedì 28 febbraio 2023), come la disoccupazione sia calata dal 4,89% del 2016 al 3,74% dell’anno scorso, mentre in Italia nel 2022 si è attestata al 7,8%, in Francia al 7,2%, in Spagna al 12,8% e in Germania al 2,8%. Gli stipendi medi annui in UK sono passati dai 47mila e 500 dollari del 2016 ai quasi 50mila nel 2021.

BREXIT, IL REGNO UNITO STA MEGLIO: STUDIO CERTIFICA IL MANCATO TRACOLLO DOPO L’USCITA DALL’UNIONE EUROPEA

E, se i numeri non mentono, non lo fa nemmeno lo studio condotto dalla Banca centrale europea sulle conseguenze finanziarie della Brexit, che ha certificato come l’uscita dall’Ue non abbia generato alcun tipo di tracollo. Ne dà notizia ancora “Libero”, riportando un estratto dell’analisi dei ricercatori della Bce: “La nostra principale scoperta è l’assenza di un effetto-Brexit negativo per gli investitori dell’area euro. Dal referendum gli investitori dell’area euro hanno aumentato in termini assoluti e relativi le loro esposizioni nei confronti di titoli emessi dal Regno Unito o denominati in sterline”.

Chiaramente, conclude “Libero”, con la Brexit si sono ridotte le esposizioni degli investitori europei verso le banche britanniche e “sono aumentate quelle nei confronti delle azioni di imprese non finanziarie quotate”. Effetto dei bassi rendimenti delle obbligazioni europee e di “un forte recupero dei prezzi delle azioni dal referendum”.





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