BRUNO CONTI RICORDA IL MONDIALE 1982
Bruno Conti ricorda la grande vittoria del Mundial: sono passati 40 anni, e per l’occasione il Corriere della Sera fornirà un libro che ripercorre le gesta di quella Coppa del Mondo, attraverso le parole dei protagonisti. Paolo Rossi è stato il capocannoniere delle notti spagnole, Bruno Conti sicuramente il giocatore più rappresentativo, quello che ci ha fatto cambiare passo. Nelle sue parole c’è tanto orgoglio per come sono andate le cose: si passa dal ricordo delle aspre polemiche per le scelte di Enzo Bearzot (che, ricorda Conti, lasciò a casa il due volte capocannoniere Roberto Pruzzo per puntare sul pupillo Rossi) e per una prima fase al limite, poi l’esaltazione per la cavalcata che ci ha portato a battere “via via tutti i migliori: Maradona, Zico, Boniek, Rummenigge”. Già, una grande Italia: diversa da quella di oggi che per due edizioni consecutive non si è qualificata per i Mondiali.
Per Bruno Conti la ricetta non è semplice, ma intanto “bisogna avere più coraggio con i giovani e smetterla di preferire il fisico alla tecnica”, anche perché ai suoi tempi si correva eccome. Nel ricordo di Bruno Conti c’è spazio per altri aneddoti: Bearzot che finisce in piscina dopo il 3-2 al Brasile (“non sapevamo non sapesse nuotare”), Diego Maradona che non apre la bocca di fronte all’asfissiante marcatura di Claudio Gentile, il Vecio che prende Antonio Cabrini nell’intervallo della finale e gli urla che i rigori possono sbagliarli tutti, “adesso usciamo e vinciamo questo Mondiale”.
Poi Bruno Conti ha voluto raccontare i motivi che secondo lui hanno permesso all’Italia di vincere il Mundial. Il primo lo abbiamo detto, l’aver eliminato tutti i calciatori migliori; il secondo è di natura “storica”, ovvero il Paese veniva da un brutto periodo perché aveva appena vissuto la strage di Ustica ed era ancora invischiato negli Anni di Piombo. “Nel nostro piccolo abbiamo dato agli italiani un motivo per sorridere”. Di Maradona, Bruno Conti ha un grande ricordo: spesso e volentieri il Pibe de Oro gli chiese di raggiungerlo a Napoli, “tu sei il calcio” diceva. Una volta che doveva firmare il rinnovo con la Roma, Bruno portò con sé il figlio Daniele – che sarebbe poi diventato capitano del Cagliari – il quale a precisa domanda rispose che papà avrebbe giocato con il Napoli, con Maradona.
“Non so cosa pensò Viola, però firmai subito dopo il contratto per restare”. Oggi Bruno Conti non prova invidia per i calciatori che in un anno guadagnano quanto lui non è riuscito a fare in tutta una carriera: gli deriva dall’educazione, dice quell’ala sfuggente e imprendibile che 40 anni fa, insieme a un gruppo straordinario (“se penso a quella nazionale mi viene in mente la parola umanità”) ci ha regalato un grande sogno, quello di sollevare il trofeo di campioni del mondo dopo ben 44 anni. Peccato che tra qualche mese, comunque vada, non potremo fare lo stesso…