Sedici in salvo, quattro morti nello schianto, un ferito grave. Un Giovedì Santo di tragedia sul Monte Faito, modesta altura nel territorio comunale di Castellammare di Stabia, periferia di Napoli, dove ieri pomeriggio la rottura di un cavo ha determinato il precipitare di una cabina in una zona impervia e oltretutto flagellata dal maltempo che ha ostacolato i soccorsi.
Ovviamente molto spaventati i passeggeri dell’altra cabina, per fortuna bloccata sul lato opposto dell’impianto e recuperati dai soccorritori. Si tratta di un impianto a fune costruito a scopi prevalentemente turistici oltre mezzo secolo fa. Incuria, scarsa manutenzione, fatalità magari innescata dal temporale, al momento ogni ipotesi è aperta anche se il sindaco parla di “cavo tranciato”. Tutto nel primo giorno delle vacanze scolastiche che conducono alla Pasqua e sullo stesso impianto dove anni fa si verificò un altro grave incidente.
Torna alla mente, come episodio più vicino nel tempo, la tragedia del Mottarone, sulle alture del Lago Maggiore, quando il 23 maggio 2021 la caduta di una cabinovia (sembra per motivi di scarsa manutenzione, il processo è in corso) causò la morte di 14 persone.
Anche in quel caso era un periodo di vacanze, in una domenica di cielo limpido e di caldo quasi estivo. Qualche somiglianza tra i due fatti di cronaca? Al momento nessuna, se non il coinvolgimento di turisti, ma la nuova tragedia del Faito rimette sotto i riflettori la sicurezza degli impianti a fune e la loro manutenzione.
Le statistiche, che iniziano in coincidenza col boom economico, parlano di una decina di incidenti gravi, il primo dei quali proprio alla funivia del Faito, quando nel giorno di Ferragosto del 1960 una cabina si schiantò sulla ferrovia sottostante causando la morte di quattro persone. Il 29 agosto dell’anno successivo persero la vita in sei sull’impianto del Monte Bianco a causa di un cacciabombardiere francese che aveva tranciato un cavo, e nella stessa zona il 10 luglio 1966 l’accavallamento delle funi determinò un morto e molti feriti.
Gli incidenti più gravi, 42 morti tra cui 15 minorenni, sul Cermis il 9 marzo 1976 a causa di una cabina troppo pesante e il 3 febbraio 1998, con 20 morti, per colpa di un aereo militare statunitense che anche in quel caso aveva tranciato un cavo volando ad una quota troppo bassa. Il 13 febbraio 1983 era stata la volta dell’ovovia di Champoluc: 11 morti causati dallo “scarrucolamento” di una cabina.
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